{"id":2056,"date":"2023-05-12T11:55:03","date_gmt":"2023-05-12T11:55:03","guid":{"rendered":"https:\/\/interculturalita.it\/?p=2056"},"modified":"2024-01-26T12:53:54","modified_gmt":"2024-01-26T12:53:54","slug":"gabriele-dannunzio-per-la-piu-grande-italia-messaggio-a-zara-della-decima-musa-e-della-sinfonia-decima","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/interculturalita.it\/gabriele-dannunzio-per-la-piu-grande-italia-messaggio-a-zara-della-decima-musa-e-della-sinfonia-decima\/","title":{"rendered":"Gabriele D\u2019Annunzio: Per la pi\u00f9 grande Italia, Messaggio a Zara, Della decima Musa e della sinfonia decima"},"content":{"rendered":"

Gabriele D\u2019Annunzio<\/a>
\n
Per la pi\u00f9 grande Italia (1915)<\/a>
\n
Messaggio a Zara (1915)<\/a>
\n
Della decima Musa e della sinfonia decima (1917)<\/a><\/h3>\n

Scritti di lotta e disobbedienza a cura di Gianni Ferracuti con un\u2019introduzione su<\/strong>
\n\u201cGabriele D\u2019Annunzio e la via italiana al socialismo, con una nota sulla Decima Musa\u201d<\/strong><\/p>\n

Pdf gratuito<\/strong><\/a><\/p>\n

____________________<\/p>\n

Gianni Ferracuti: <\/strong>
\nGabriele D\u2019Annunzio e la via italiana al socialismo,<\/strong>
\ncon una nota sulla Decima Musa<\/strong><\/p>\n

In Italia nei primi venti anni del Novecento si sviluppa un processo rivoluzionario di ispirazione socialista originale e complesso, stimolato da almeno tre fattori:<\/p>\n

– una marcata delusione nei confronti del partito socialista, dove il prevalere dell\u2019ala riformista si traduce in una forma di sudditanza (cos\u00ec almeno viene letta) nei confronti della classe borghese, interessata a concedere poche riforme, che non incidano sulla struttura economica del Paese e sui rapporti di classe;<\/p>\n

– l\u2019esigenza di aggiornare il quadro di riferimento teorico dell\u2019azione politica, non solo relativamente alle condizioni preliminari del processo rivoluzionario (come far\u00e0 Lenin in polemica con i menscevichi) ma anche in riferimento alle nuove scoperte scientifiche nel campo della sociologia o della psicologia delle masse, e pi\u00f9 in generale ai nuovi sviluppi delle scienze e della filosofia negli ultimi decenni dell\u2019Ottocento, con autori come Sorel, Le Bon, Nietzsche…<\/p>\n

– l\u2019intreccio tra questione sociale e questione nazionale, dove l\u2019esigenza di completare l\u2019unit\u00e0 d\u2019Italia annettendo o liberando territori di cultura italiana sotto dominio straniero si fonde con l\u2019esigenza che la nuova nazione sia profondamente modificata nella sua struttura giuridica ed economica, nella forma istituzionale e nei rapporti di classe: completamento territoriale come strumento di trasformazione politica.<\/p>\n

Deriva da ci\u00f2 una complessa e profonda elaborazione programmatica, insieme alla ricerca di nuove forme di azione pubblica, in parte convergente con l\u2019azione diretta di ispirazione anarchica, che mette in discussione il ruolo del partito come istituzione. Si sviluppa una riorganizzazione della teoria e della prassi rivoluzionaria, che si avvale anche della conoscenza della cultura europea pi\u00f9 avanzata e della presenza di intellettuali collegati con avanguardie artistiche e letterarie, dal magistero di maestri pi\u00f9 anziani come Carducci e Pascoli, a quello pi\u00f9 avanguardista dei giovani futuristi o di D\u2019Annunzio.<\/p>\n

Questo processo rivoluzionario di inizio XX sec., se da un lato \u00e8 fortemente critico verso il socialismo riformista e concertativo, dall\u2019altro continua a muoversi nell\u2019area politica della sinistra rivoluzionaria – con una forma nuova per molti versi, ma pur sempre di sinistra. Si tratta di un processo<\/em> perch\u00e9 la situazione politica di partenza, quella che si vuole abbattere, ovvero lo stato borghese, favorisce la nascita di diversi soggetti o progetti rivoluzionari, che inizialmente procedono ciascuno in modo autonomo.<\/p>\n

Parlando sommariamente, in primo luogo ci sono i nazionalisti di Enrico Corradini. Il nazionalismo – termine che non aveva il significato che gli diamo oggi, forse in maniera antistorica – era nel XIX secolo un sentimento, se non proprio un\u2019ideologia, trasversale, alimentata dal progetto di unificazione della Penisola; Corradini unisce al progetto dell\u2019unificazione il tema essenziale del rapporto tra il nuovo stato unitario e gli altri Paesi e sposta in politica internazionale il conflitto tra proletariato e capitalismo che si svolge sul piano interno: si parla allora, utilizzando un\u2019espressione di Pascoli, di una dialettica tra nazioni proletarie<\/em> (come sarebbe l\u2019Italia) e nazioni imperialiste, che vogliono esercitare un dominio e uno sfruttamento sui Paesi pi\u00f9 deboli. Dir\u00e0 allora: come il socialismo ha fornito al proletariato la coscienza della sua condizione subalterna e i mezzi per ribellarsi, cos\u00ec il nuovo nazionalismo agir\u00e0 sulla coscienza nazionale dei Paesi sfruttati, inaugurando una politica antimperialista.<\/p>\n

Questa evoluzione del nazionalismo, che prende forma di movimento organizzato con il congresso dell\u2019Associazione Nazionalista Italiana del 1910, fornisce nuova linfa al movimento irredentista, che non si limita pi\u00f9 a pretendere solo il recupero di territori che un tempo erano italiani, ma pone anche l\u2019accento sull\u2019italianit\u00e0 come valore nazionale e come progetto di convivenza tra i popoli, ispirato al modello dello jus <\/em>romano e alla latinit\u00e0. All\u2019irredentismo, alimentato dal nazionalismo, non basta pi\u00f9 il mero aumento del territorio nazionale e ancora una volta viene messa in discussione la forma politica, giuridica e istituzionale che la nazione deve avere: i riferimenti teorici sono sempre in quella cultura europea contemporanea a cui si accennava pi\u00f9 sopra – basti pensare agli interventi di Scipio Sighele, ma le riforme proposte sono spesso molto radicali, a partire dall\u2019assetto istituzionale, che mette spesso in discussione la forma monarchica.<\/p>\n

Un terzo soggetto che si inserisce nel processo di critica e trasformazione sociale \u00e8 il sindacalismo rivoluzionario (Alceste De Ambris, o Filippo Corridoni) nato dalla sinistra del partito socialista di Arturo Labriola e Enrico Leone e ispirato a Sorel, Le Bon, Sighele… Dopo il primo sciopero nazionale del 1904, fortemente represso, il sindacalismo nazionale esce dal partito socialista nel 1907 e si avvia a confluire con i nazionalisti di Corradini.<\/p>\n

Si aggiunge infine la componente futurista: Marinetti, che pubblica il Manifesto<\/em> del futurismo nel 1909, non intende racchiudere il movimento solo nell\u2019ambito estetico, ma pensa a una trasformazione che coinvolga al tempo stesso l\u2019arte e la societ\u00e0, arrivando a immaginare un programma politico futurista, con tanto di manifesto, e anche un partito futurista, con forti legami ideologici col socialismo rivoluzionario e con l\u2019anarchia: Marinetti \u00e8 dichiaratamente democratico, anticlericale, repubblicano.<\/p>\n

Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel luglio del 1914, questi soggetti politici trovano un punto di convergenza nell\u2019interventismo: per l\u2019Italia si tratta di decidere se mantenere una posizione di neutralit\u00e0, restare nell\u2019alleanza con l\u2019impero austro-ungarico o entrare in guerra al fianco di Francia e Inghilterra. Mentre la politica istituzionale tesse una fitta trama di trattative con l\u2019uno e\u00a0 con l\u2019altro dei fronti, il punto di vista rivoluzionario sposa decisamente l\u2019interventismo a fianco della Francia. \u00c8 noto lo slogan lanciato da Marinetti: \u201cGuerra sola igiene del mondo\u201d; meno noto \u00e8 che esso allude a una guerra rivoluzionaria<\/em>, il cui compito \u00e8 abbattere i grandi imperi – austro-ungarico e zarista – per instaurare la democrazia nel continente, ridiscutendone l\u2019assetto economico e politico; ottimista e anche un po\u2019 utopico, lo slogan alludeva a un processo rivoluzionario da innestare nel conflitto in corso, per raggiungere obiettivi nazionali e internazionali. Nelle grandi manifestazioni pubbliche a favore dell\u2019intervento in guerra emerge Gabriele D\u2019Annunzio che, gi\u00e0 in precedenza, aveva espresso simpatie socialiste, critiche per\u00f2 verso il riformismo moderato, e atteggiamenti rivoluzionari. I socialisti ufficiali, dal canto loro, mantengono a lungo una posizione ambigua e contraddittoria circa l\u2019ingresso nella guerra e solo tardivamente, e non in modo unanime, aderiscono al fronte interventista.<\/p>\n

L\u2019ingresso in guerra dell\u2019Italia viene deciso a seguito del Trattato di Londra (con Francia e Inghilterra), che definisce i territori che le verranno assegnati in caso di vittoria. Per\u00f2, alla conclusione del conflitto, nelle trattative per la pace, che si svolgono a Parigi, il patto viene dichiarato nullo dal presidente statunitense Wilson (anche gli Stati Uniti entrano in guerra al fianco di Francia e Inghilterra), allegando la giustificazione che, egli non era presente alla trattativa e non lo aveva firmato. Il lavoro diplomatico dell\u2019Italia a Parigi \u00e8 pasticciato, debole, confuso, inquinato da interessi non dichiarabili e il risultato \u00e8 fortemente deludente perch\u00e9 implica la rinuncia ai territori dell\u2019Istria, compresa Fiume, e della Dalmazia. Ancora una volta, la figura di D\u2019Annunzio, il poeta combattente, l\u2019eroe di imprese epiche, risulta determinante per la riorganizzazione del fronte rivoluzionario, al quale intanto si aggiunge un\u2019altra componente: gli arditi, reduci dal fronte.<\/p>\n

Gli arditi erano stati probabilmente il miglior corpo di assalto dell\u2019intero conflitto; come D\u2019Annunzio dice spesso, erano fanti proletari e contadini e, grazie anche all\u2019esaltazione del fante come figura e tipo umano, avevano maturato una coscienza politica e non accettavano di tornare ai tradizionali ruoli subordinati: diventano cos\u00ec una formidabile risorsa per le manifestazioni di piazza e per far fronte ad avversari o polizia.<\/p>\n

La campagna dannunziana contro la vittoria mutilata<\/em> ha un\u2019eco enorme e compatta il movimento rivoluzionario, che trova un\u2019unit\u00e0 organizzativa proclamata il 23 marzo del 1919 con la fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento, a Piazza San sepolcro a Milano. La parola fascio<\/em> apparteneva all\u2019epoca al lessico della sinistra e indicava appunto un cantiere politico costruito da varie componenti convergenti su un programma. La proclamazione della nuova formazione \u00e8 presieduta da Benito Mussolini, all\u2019epoca di sinistra e appena uscito dal partito socialista, e il programma sansepolcrista<\/em> – di sinistra radicale – \u00e8 preso pari pari dagli scritti di De Ambris e Corradini. Segue un periodo di intensa attivit\u00e0 politica e di manifestazioni finch\u00e9, non trovando soluzione la questione istriana e dalmata, Gabriele D\u2019Annunzio non occupa militarmente la citt\u00e0 di Fiume al comando di un gruppo di Legionari, il 12 settembre 1919, contro il parere del Governo italiano, che cerca di impedirla, e con il favore della popolazione locale e dei suoi amministratori.<\/p>\n

Rimando ad altra occasione un\u2019analisi dell\u2019impresa dannunziana e mi limito qui a un solo punto: nella citt\u00e0 di Fiume occupata, l\u20198 settembre 1920 D\u2019Annunzio proclama l\u2019indipendenza come stato autonomo della citt\u00e0, sotto la forma di Reggenza Italiana del Carnaro; poco dopo viene promulgata la costituzione, chiamata comunemente Carta del Carnaro<\/em>, scritta in prima stesura da Alceste De Ambris e messa nella forma finale da D\u2019Annunzio stesso: si tratta probabilmente della pi\u00f9 bella costituzione mai realizzata e della pi\u00f9 completa espressione ideologica del movimento rivoluzionario di cui il poeta si \u00e8 fatto interprete.<\/p>\n

L\u2019impresa di Fiume rappresenta il punto pi\u00f9 alto e la fine, al tempo stesso, del percorso rivoluzionario. Il governo italiano non vuole, o non \u00e8 in grado di rompere con gli alleati e assecondare il colpo di mano dannunziano e, nello stesso tempo, n\u00e9 il governo n\u00e9 Mussolini – rimasto a Roma, un po\u2019 defilato e pi\u00f9 interessato al fallimento che al successo dell\u2019impresa fiumana – possono permettersi il ritorno in Italia di un D\u2019Annunzio vincitore: nei fatti, Mussolini tace e acconsente all\u2019attacco portato contro Fiume dalla marina militare italiana, con incluso cannoneggiamento dello studio del poeta, che \u00e8 costretto ad arrendersi dopo il natale di sangue<\/em> del 1920.<\/p>\n

Con questo esito, Mussolini approfitta della sconfitta politica dell\u2019ex alleato e assume la guida del movimento rivoluzionario: scioglie i Fasci Italiani di Combattimento dando vita, il 9 novembre 1921, al nuovo Partito Nazionale Fascista; si presenta come successore ed erede di D\u2019Annunzio, inizia una violenta campagna aggressiva contro le forze di sinistra che non riconoscono il suo ruolo – campagna che le istituzioni osservano con tacita benevolenza – e poi mette all\u2019incasso le cambiali che gli sono state firmate, ricevendo l\u2019incarico di formare il governo al termine di una farsesca marcia su Roma il 22 ottobre 1922.<\/p>\n

Mussolini non fu mai un politico abile: era furbo e traffichino, il che \u00e8 altra cosa; non era dentro la cultura del Novecento, ma veniva dal secolo precedente e ne covava tutti i pregiudizi; ma in quel momento storico una cosa l\u2019aveva capita: che conservando le forme, i riti e gli stili dannunziani sarebbe stato riconosciuto come suo legittimo successore pur cambiando i contenuti politici del suo governo – e cos\u00ec fu.<\/p>\n

Prese tutto da D\u2019Annunzio: le divise, il fez, i discorsi dal balcone, gli slogan, il saluto legionario (o romano), l\u2019eia eia alal\u00e0!<\/em>, il mito degli arditi, il culto del fante proletario e degli eroi… e trascur\u00f2 tutto il resto. D\u2019Annunzio era repubblicano e Mussolini si leg\u00f2 a doppio filo con il re: Partito Fascista e Monarchia si sostennero a vicenda, il duce salv\u00f2 la corona dalla rivoluzione e il monarca gli concesse di tutto, compresa l\u2019innaturale alleanza con la Germania, le leggi razziali, la guerra e solo a tempo scaduto gli fece mancare l\u2019appoggio dell\u2019esercito permettendo all\u2019opposizione interna di metterlo in minoranza e farne cadere il governo. D\u2019Annunzio credeva in un sistema di autonomie della societ\u00e0 dallo stato: erano le corporazioni<\/em>, termine ripreso dal lessico tradizionale italiano con cui sostitu\u00ec il termine consigli<\/em> usato da De Ambris (ma entrambi avevano in mente una rielaborazione adatta alla societ\u00e0 occidentale del sistema dei soviet<\/em>); Mussolini intese la corporazione come sindacato unico nazionale e come organo statale, in un\u2019ottica decisamente centralista e, nei fatti, totalitaria. Mussolini fu sedotto dal mito della razza, dall\u2019imperialismo, dal Vaticano a cui concesse di tutto; D\u2019Annunzio era libertario, sanc\u00ec nella Carta del Carnaro pari dignit\u00e0 per tutte le religioni, progettava col governo della Reggenza una Lega dei popoli oppressi, e riconobbe la repubblica nata dalla rivoluzione di Lenin – e si potrebbe continuare a lungo.<\/p>\n

Nei fatti, la manovra mussoliniana di una finta rivoluzione<\/em> riusc\u00ec. Del vasto movimento rivoluzionario culminato nell\u2019impresa di Fiume, una parte si oppose: De Ambris e gli arditi del popolo tentarono armi alla mano di contrastare l\u2019avanzata del fascismo; altri pensarono, invece, che si potesse condizionare il governo dall\u2019interno del Partito Nazionale Fascista e andarono a costituire una minoranza di sinistra, non del tutto ininfluente, ma mai messa in condizione di ridurre Mussolini in minoranza. D\u2019altro canto, con l\u2019elaborazione teorica che era stata raggiunta nella Carta del Carnaro, una loro confluenza nel vecchio partito socialista o nel giovane partito comunista di fede moscovita sembrava a molti un passo indietro; si potrebbe la posizione di chi entr\u00f2 nel PNF come componente di minoranza con una frase scritta da Julius Evola in riferimento a un altro contesto ideologico: \u201cper noi l\u2019antifascismo \u00e8 un nulla, ma il fascismo \u00e8 troppo poco\u201d.<\/p>\n

Gli scritti dannunziani qui raccolti e annotati documentano il momento acuto della polemica a favore dell\u2019interventismo e contro le manovre che spingevano per la neutralit\u00e0 o per l\u2019alleanza con l\u2019impero. Si tratta degli interventi che D\u2019Annunzio pubblic\u00f2 nel volume Per la pi\u00f9 grande Italia: orazioni e messaggi di Gabriele D\u2019Annunzio<\/em>, Fratelli Treves Editori, Milano 1915 (viene riprodotto il testo dell\u2019edizione Treves 1920, indicando le varianti pi\u00f9 significative). Viene conservata la struttura originale, che divide il testo nelle seguenti parti:<\/p>\n

La sagra dei Mille<\/em>, contenente gli interventi di Genova, dove il poeta \u00e8 presente per la commemorazione del 55\u00b0 anniversario dell\u2019impresa dei mille, il 5 maggio 1915, con l\u2019inaugurazione di un monumento di Eugenio Baroni a Quarto, luogo di partenza dei garibaldini;<\/p>\n

La legge di Roma<\/em>, con gli infuocati interventi romani nei giorni immediatamente precedenti la consegna della dichiarazione di guerra all\u2019Austria;<\/p>\n

Tacitum robur<\/em>, testo scritto subito dopo la dichiarazione.<\/p>\n

Vengono inoltre aggiunti i seguenti testi:<\/p>\n

– il Messaggio a Zara<\/em>, del 23 dicembre del 1915: \u00e8 il testo del volantino preparato per lanciarlo in un volo su Zara, che D\u2019Annunzio aveva progettato di compiere insieme al Tenente di Vascello Giuseppe Miraglia. L\u2019operazione fu per\u00f2 annullata a causa della morte del Miraglia per un incidente aereo.<\/p>\n

– il testo Della decima musa e della sinfonia decima<\/em>: tratto da Le faville del maglio<\/em>, risalente al 1917 e pubblicato nelle Prose di ricerca, di lotta, di comando, di conquista, di tormento, d\u2019indovinamento, di rinnovamento, di celebrazione, di rivendicazione, di liberazione, di favole, di giochi, di balen<\/em>i, dalla Fondazione del Vittoriale a cura di Egidio Bianchetti (poi Prose di ricerca<\/em>, Mondadori, Milano 2005, a cura di Annamaria Andreoli e Giorgio Zanetti). Si tratta di uno scritto con una importante componente teorica che mi sembra molto utile per spiegare le motivazioni profonde dell\u2019impegno di dannunziano, al di l\u00e0 dei vecchi stereotipi del superomismo, estetismo o suggestioni tardoromantiche pi\u00f9 o meno esibizioniste.<\/p>\n

Nel maggio del 1917 D\u2019Annunzio \u00e8 nel campo di aviazione di Santa Maria la Longa, nei pressi di Palmanova del Friuli e compone il testo unendo due frammenti coevi: uno verr\u00e0 riutilizzato con il titolo Per la raccolta nazionale delle musiche italiane<\/em>; l\u2019altro, che costituisce la prima parte al modo di un\u2019introduzione, \u00e8 tratto da un rapporto a Cadorna sull\u2019uso dell\u2019aviazione in sostegno alle truppe d\u2019assalto.<\/p>\n

La decima musa era citata anche nel primo libro delle Laudi<\/em>, e torna pi\u00f9 volte in D\u2019Annunzio, che la chiamer\u00e0 anche Musa di Ronchi <\/em>(dalla localit\u00e0 di Ronchi, oggi Ronchi dei Legionari, in Friuli, da dove parte per l\u2019impresa di Fiume), dalla quale sarebbe venuto lo slancio<\/em> – cio\u00e8 la forza interiore – per compiere l\u2019impresa. Nelle Laudi<\/em> compare con tre nomi (\u201cnomi divini<\/em>\u201d): Euplete, Eur\u00e8tria, Energ\u00e8ia<\/em>, e si aggiunge alle nove muse della tradizione classica. Euplete fa riferimento alla pienezza: \u201cPiena come l\u2019onda che giunge dopo l\u2019onda nona sul lido<\/em>\u201d, riferimento all\u2019idea classica che la decima onda sarebbe stata la pi\u00f9 potente delle precedenti per l\u2019idea di compiutezza e perfezione legata al numero dieci. Questa pienezza, in collegamento con l\u2019impresa eroica, sta a indicare la maturit\u00e0 dei tempi e l\u2019esaltazione del coraggio con cui ci si assume il compito di compiere un\u2019impresa necessaria o di adempiere a un suggerimento del destino.<\/p>\n

Euretria si riferisce alla capacit\u00e0 inventiva, e collego il termine al greco \u03b5\u1f51\u03c1\u03af\u03c3\u03ba\u03c9, trovare, scoprire, ottenere, anche nel senso dell\u2019invenzione geniale: il momento dell\u2019eureka<\/em>, in cui si trova finalmente l\u2019elemento mancante, che illumina e d\u00e0 senso a un problema o a una situazione. In tal senso, Euplete \u00e8 la pienezza dei tempi ed Euretria \u00e8 il progetto adeguato acciocch\u00e9 tale pienezza si manifesti come in un parto: Energ\u00e8ia (che D\u2019annunzio scrive con l\u2019accento sulla seconda e<\/em> per ragioni metriche) \u00e8 l\u2019energia, la forza che alimenta l\u2019agire e il compimento dell\u2019impresa. I tre nomi sono tre elementi che compongono una sola figura di musa ispiratrice, che possiede le tre forze o facolt\u00e0. Come le altre muse, Energeia ispira – quindi \u00e8 esterna alla persona-; ma l\u2019ispirazione viene sentita interiormente dall\u2019ispirato, come una forza che vuole trasportarlo verso l\u2019azione e, contemporaneamente, fornisce le risorse per compierla.<\/p>\n

Che tipo di opera viene realizzato sotto l\u2019ispirazione della decima musa? Qui la risposta \u00e8 sorprendente, perch\u00e9 questa musa alimenta un\u2019ispirazione individuale e un\u2019ispirazione collettiva, vale a dire che le azioni compiute dal singolo individuo ispirato contribuiscono a realizzare un\u2019opera complessiva di cui l\u2019individuo stesso non ha la visione completa; da qui la caratteristica difficolt\u00e0 di riconoscere ci\u00f2 che la musa invita a realizzare – vale a dire: la trasformazione del mondo. Nelle Laudi<\/em>, Energeia scende in mezzo agli uomini ma \u201cda prima non tutti la videro<\/em>\u201d, anche se percepiscono la sua presenza forte come \u201cil fiato d\u2019una primavera improvvisa<\/em>\u201d che \u201csoffocasse d\u2019amore<\/em>\u201d. Tuttavia, alcuni, dotati di particolare sensibilit\u00e0, la vedono: \u201cio la vidi<\/em>\u201d, dice il poeta; e la sensazione che ne prova \u00e8 che \u201cquest\u2019anima mia s\u2019ergesse qual candida fiamma<\/em>\u201d.<\/p>\n

Nelle parole scritte subito dopo la dichiarazione di guerra, anzi nel primo giorno di guerra, D\u2019Annunzio descrive un silenzio grave e mistico in cui la citt\u00e0 di Roma sembra rivelare di nuovo l\u2019essenza della romanit\u00e0, non come un passato a cui rendere culto, ma come una presenza nuova e una nuova rivelazione: \u201cStanotte, a un tratto, noi abbiamo riavuto coscienza della romanit\u00e0, nel senso pi\u00f9 ampio di questa parola superba<\/em>\u201d. Questa romanit\u00e0, che si intuisce all\u2019alba di una guerra \u201csola igiene del mondo\u201d, nel senso rivoluzionario della creazione di un\u2019epoca nuova, \u00e8 come l\u2019intuizione dei caratteri che tale mondo nuovo deve avere: la guerra di distruzione \u00e8 come le doglie del parto da cui nasce il nuovo mondo – \u201cO compagni, questa guerra, che sembra opera di distruzione e di abominazione, \u00e8 la pi\u00f9 feconda creatrice di bellezza e di virt\u00f9 apparsa in terra<\/em>\u201d; \u201cLa profondit\u00e0 di tutti i secoli \u00e8 nello sguardo notturno di Roma. Per\u00f2 il futuro \u00e8 la sua palpebra che mai non si chiude<\/em>\u201d. E in questo momento iniziale del conflitto, scrive D\u2019Annunzio: \u201cLa decima Musa ha tessuto il nostro nuovo destino. Gli uomini conduttori della nazione hanno obbedito a un ritmo apollineo, hanno tradotto in atti un carme fatidico. Questo lungo e penoso sforzo verso la vita ha qualcosa d\u2019un mistero sacro<\/em>\u201d.<\/p>\n

In sostanza, sul piano individuale Energeia pu\u00f2 ispirare un D\u2019Annunzio a un\u2019impresa individuale come il volo su Vienna, ma sul piano collettivo Energeia \u00e8 una forza cosmica, divina, che ispira l\u2019avvento del mondo nuovo – il quale, come si \u00e8 visto, non \u00e8 semplicemente la modernit\u00e0<\/em>: semmai \u00e8 la riscoperta di una romanit\u00e0 perenne che si scrolla di dosso il mondo borghese.<\/p>\n

Romanit\u00e0 perenne significa ispirarsi ad alcuni valori senza l\u2019atteggiamento reazionario o nostalgico di riproporre forme storiche e istituzioni obsolete. Il testo Della decima musa e della sinfonia decima<\/em> mostra chiaramente che quei valori (che chiamerei tradizionali, senza alcun atteggiamento nostalgico) debbono tornare al centro di un mondo, di una organizzazione umana che \u00e8 attualmente dominata dalla tecnica; quindi o questi valori impongono il loro dominio sulla tecnica o soccombono.<\/p>\n

La prima parte del saggio ci mostra la potenza della tecnica che pu\u00f2 essere messa al servizio dell\u2019impresa di costruire il mondo nuovo, ma si badi bene: in appoggio a \u201cle nostre eroiche fanterie<\/em>\u201d. Nell\u2019inferno di Verdun, \u201cla milizia celeste<\/em> [l\u2019aviazione] accompagn\u00f2 la milizia terrestre verso il sacrificio sublime, quasi in comunione di patria dilatata nello spazio libero. Il grido dell\u2019assalto irruppe da tutti i petti gonfii d\u2019un subitaneo coraggio, raggiunse e super\u00f2 il rombo delle ali latine. Fu una insolita ebrezza di vittoria<\/em>\u201d. Anche Ernst J\u00fcnger prender\u00e0 la battaglia di Verdun come cifra simbolica dello scontro tra l\u2019eroismo umano e la potenza distruttiva della tecnica, che rischia di cancellare il coraggio e l\u2019eroe dalla storia.<\/p>\n

Nel testo di D\u2019Annunzio, assoggettato allo sforzo eroico – e, se mi si consente di dirlo: dominato da una volont\u00e0 latina – il rumore monotono della tecnica, sia esso un motore o le esplosioni in serie di una mitragliatrice, risulta incluso in una polifonia: il disegno perseguito e ispirato dalla decima musa si chiarisce nell\u2019intuizione del movimento corale o collettivo; la trasformazione del mondo si scopre bella<\/em> alla luce di una nuova percezione estetica in cui i rumori, nella loro tragicit\u00e0, sono il preludio della decima sinfonia sotto la direzione della decima musa: \u201cmentre sul sanguigno mondo sta quell\u2019ansia vertiginosa che precede il turbine dei turbini e le estreme sentenze del Destino<\/em>\u201d, tra \u201cindizii augurali che non hanno mai cessato di risplendere allo spirito umano in mezzo a quella uccisione e a quella devastazione senza confine e senza fine obbedienti tuttavia a un ordine condotto da un ritmo inconvertibile se bene anc\u00f3ra indistinto per noi<\/em>\u201d.<\/p>\n

Il barbaro<\/em>, scrive D\u2019Annunzio alludendo a una figura, a un tipo umano che rappresenti storicamente un\u2019incarnazione del nichilismo contemporaneo e che non si identifica riduttivamente col nemico austriaco, ha cercato di cancellare la cognizione umana che l\u2019uomo aveva di s\u00e9; il combattimento, nell\u2019era della tecnica, \u00e8 il recupero di tale condizione opposta alla barbarie – l\u2019humanitas<\/em>;<\/p>\n

Concordia discorde \u00e8 questo smisurato travaglio umano che di sotto al carnaio e alla rovina scava le forme necessarie della vita nuova.<\/p>\n

Creazioni recondite e ineffabili a noi, nel senso divino della parola, accompagnano le distruzioni brute che compie una volont\u00e0 meccanica servita da macchine di morte sempre pi\u00f9 potenti e diverse. Un dio velato su ognuna delle nostre battaglie fangose lampeggia come nel canto di Omero.<\/p>\n

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Per una pi\u00f9 ampia trattazione e riferimenti bibliografici si veda il mio saggio: \u00abCompagno D\u2019Annunzio, alal\u00e0!\u00bb, in Compagno D\u2019Annunzio, alal\u00e0! Italianit\u00e0 e socialismo nell\u2019impresa di Fiume<\/em>, scritti di Gabriele D\u2019Annunzio e Alceste De Ambris, a cura di G. Ferracuti<\/a>, online <https:\/\/amzn.to\/3RBWziB<\/em><\/a>>, pp- 7-90.<\/p>\n

Vedi anche.<\/p>\n

Gabriele D’Annunzio: L’armata d’Italia (pdf gratuito)<\/a><\/p>\n

Gli ultimi giorni di Fiume dannunziana<\/a><\/p>\n

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Gabriele D\u2019Annunzio Per la pi\u00f9 grande Italia (1915) Messaggio a Zara (1915) Della decima Musa e della sinfonia decima (1917) Scritti di lotta e disobbedienza a cura di Gianni Ferracuti con un\u2019introduzione su \u201cGabriele D\u2019Annunzio e la via italiana al socialismo, con una nota sulla Decima Musa\u201d Pdf gratuito ____________________ Gianni Ferracuti: Gabriele D\u2019Annunzio e la via italiana al socialismo, con una nota sulla Decima Musa In Italia nei primi venti anni del Novecento si sviluppa un processo rivoluzionario di ispirazione socialista originale e complesso, stimolato da almeno tre fattori: – una marcata delusione nei confronti del partito socialista, dove il prevalere dell\u2019ala riformista si traduce in una forma di sudditanza (cos\u00ec almeno viene letta) nei confronti della classe borghese, interessata a concedere poche riforme, che non incidano sulla struttura economica del Paese e sui rapporti di classe; – l\u2019esigenza di aggiornare il quadro di riferimento teorico dell\u2019azione politica, non solo relativamente alle condizioni preliminari del processo rivoluzionario (come far\u00e0 Lenin in polemica con i menscevichi) ma anche in riferimento alle nuove scoperte scientifiche nel campo della sociologia o della psicologia delle masse, e pi\u00f9 in generale ai nuovi sviluppi delle scienze e della filosofia negli ultimi decenni dell\u2019Ottocento, con autori come Sorel, Le Bon, Nietzsche… – l\u2019intreccio tra questione sociale e questione nazionale, dove l\u2019esigenza di completare l\u2019unit\u00e0 d\u2019Italia annettendo o liberando territori di cultura italiana sotto dominio straniero si fonde con l\u2019esigenza che la nuova nazione sia profondamente modificata nella sua struttura giuridica ed economica, nella forma istituzionale e nei rapporti di classe: completamento territoriale come strumento di trasformazione politica. Deriva da ci\u00f2 una complessa e profonda elaborazione programmatica, insieme alla ricerca di nuove forme di azione pubblica, in parte convergente con l\u2019azione diretta di ispirazione anarchica, che mette in discussione il ruolo del partito come istituzione. Si sviluppa una riorganizzazione della teoria e della prassi rivoluzionaria, che si avvale anche della conoscenza della cultura europea pi\u00f9 avanzata e della presenza di intellettuali collegati con avanguardie artistiche e letterarie, dal magistero di maestri pi\u00f9 anziani come Carducci e Pascoli, a quello pi\u00f9 avanguardista dei giovani futuristi o di D\u2019Annunzio. Questo processo rivoluzionario di inizio XX sec., se da un lato \u00e8 fortemente critico verso il socialismo riformista e concertativo, dall\u2019altro continua a muoversi nell\u2019area politica della sinistra rivoluzionaria – con una forma nuova per molti versi, ma pur sempre di sinistra. Si tratta di un processo perch\u00e9 la situazione politica di partenza, quella che si vuole abbattere, ovvero lo stato borghese, favorisce la nascita di diversi soggetti o progetti rivoluzionari, che inizialmente procedono ciascuno in modo autonomo. Parlando sommariamente, in primo luogo ci sono i nazionalisti di Enrico Corradini. Il nazionalismo – termine che non aveva il significato che gli diamo oggi, forse in maniera antistorica – era nel XIX secolo un sentimento, se non proprio un\u2019ideologia, trasversale, alimentata dal progetto di unificazione della Penisola; Corradini unisce al progetto dell\u2019unificazione il tema essenziale del rapporto tra il nuovo stato unitario e gli altri Paesi e sposta in politica internazionale il conflitto tra proletariato e capitalismo che si svolge sul piano interno: si parla allora, utilizzando un\u2019espressione di Pascoli, di una dialettica tra nazioni proletarie (come sarebbe l\u2019Italia) e nazioni imperialiste, che vogliono esercitare un dominio e uno sfruttamento sui Paesi pi\u00f9 deboli. Dir\u00e0 allora: come il socialismo ha fornito al proletariato la coscienza della sua condizione subalterna e i mezzi per ribellarsi, cos\u00ec il nuovo nazionalismo agir\u00e0 sulla coscienza nazionale dei Paesi sfruttati, inaugurando una politica antimperialista. Questa evoluzione del nazionalismo, che prende forma di movimento organizzato con il congresso dell\u2019Associazione Nazionalista Italiana del 1910, fornisce nuova linfa al movimento irredentista, che non si limita pi\u00f9 a pretendere solo il recupero di territori che un tempo erano italiani, ma pone anche l\u2019accento sull\u2019italianit\u00e0 come valore nazionale e come progetto di convivenza tra i popoli, ispirato al modello dello jus romano e alla latinit\u00e0. All\u2019irredentismo, alimentato dal nazionalismo, non basta pi\u00f9 il mero aumento del territorio nazionale e ancora una volta viene messa in discussione la forma politica, giuridica e istituzionale che la nazione deve avere: i riferimenti teorici sono sempre in quella cultura europea contemporanea a cui si accennava pi\u00f9 sopra – basti pensare agli interventi di Scipio Sighele, ma le riforme proposte sono spesso molto radicali, a partire dall\u2019assetto istituzionale, che mette spesso in discussione la forma monarchica. Un terzo soggetto che si inserisce nel processo di critica e trasformazione sociale \u00e8 il sindacalismo rivoluzionario (Alceste De Ambris, o Filippo Corridoni) nato dalla sinistra del partito socialista di Arturo Labriola e Enrico Leone e ispirato a Sorel, Le Bon, Sighele… Dopo il primo sciopero nazionale del 1904, fortemente represso, il sindacalismo nazionale esce dal partito socialista nel 1907 e si avvia a confluire con i nazionalisti di Corradini. Si aggiunge infine la componente futurista: Marinetti, che pubblica il Manifesto del futurismo nel 1909, non intende racchiudere il movimento solo nell\u2019ambito estetico, ma pensa a una trasformazione che coinvolga al tempo stesso l\u2019arte e la societ\u00e0, arrivando a immaginare un programma politico futurista, con tanto di manifesto, e anche un partito futurista, con forti legami ideologici col socialismo rivoluzionario e con l\u2019anarchia: Marinetti \u00e8 dichiaratamente democratico, anticlericale, repubblicano. Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel luglio del 1914, questi soggetti politici trovano un punto di convergenza nell\u2019interventismo: per l\u2019Italia si tratta di decidere se mantenere una posizione di neutralit\u00e0, restare nell\u2019alleanza con l\u2019impero austro-ungarico o entrare in guerra al fianco di Francia e Inghilterra. Mentre la politica istituzionale tesse una fitta trama di trattative con l\u2019uno e\u00a0 con l\u2019altro dei fronti, il punto di vista rivoluzionario sposa decisamente l\u2019interventismo a fianco della Francia. \u00c8 noto lo slogan lanciato da Marinetti: \u201cGuerra sola igiene del mondo\u201d; meno noto \u00e8 che esso allude a una guerra rivoluzionaria, il cui compito \u00e8 abbattere i grandi imperi – austro-ungarico e zarista – per instaurare la democrazia nel continente, ridiscutendone l\u2019assetto economico e politico; ottimista e anche un po\u2019 utopico, lo slogan alludeva a un processo rivoluzionario da innestare nel conflitto in corso, per raggiungere obiettivi nazionali e internazionali. Nelle grandi manifestazioni pubbliche a favore dell\u2019intervento in guerra emerge Gabriele D\u2019Annunzio che, gi\u00e0 in precedenza, aveva espresso simpatie socialiste, critiche per\u00f2 verso il riformismo moderato, e atteggiamenti rivoluzionari. I socialisti ufficiali, dal canto loro, mantengono a lungo una posizione ambigua e contraddittoria circa l\u2019ingresso nella guerra e solo tardivamente, e non in modo unanime, aderiscono al fronte interventista. L\u2019ingresso in guerra dell\u2019Italia viene deciso a seguito del Trattato di Londra (con Francia e Inghilterra), che definisce i territori che le verranno assegnati in caso di vittoria. Per\u00f2, alla conclusione del conflitto, nelle trattative per la pace, che si svolgono a Parigi, il patto viene dichiarato nullo dal presidente statunitense Wilson (anche gli Stati Uniti entrano in guerra al fianco di Francia e Inghilterra), allegando la giustificazione che, egli non era presente alla trattativa e non lo aveva firmato. Il lavoro diplomatico dell\u2019Italia a Parigi \u00e8 pasticciato, debole, confuso, inquinato da interessi non dichiarabili e il risultato \u00e8 fortemente deludente perch\u00e9 implica la rinuncia ai territori dell\u2019Istria, compresa Fiume, e della Dalmazia. Ancora una volta, la figura di D\u2019Annunzio, il poeta combattente, l\u2019eroe di imprese epiche, risulta determinante per la riorganizzazione del fronte rivoluzionario, al quale intanto si aggiunge un\u2019altra componente: gli arditi, reduci dal fronte. Gli arditi erano stati probabilmente il miglior corpo di assalto dell\u2019intero conflitto; come D\u2019Annunzio dice spesso, erano fanti proletari e contadini e, grazie anche all\u2019esaltazione del fante come figura e tipo umano, avevano maturato una coscienza politica e non accettavano di tornare ai tradizionali ruoli subordinati: diventano cos\u00ec una formidabile risorsa per le manifestazioni di piazza e per far fronte ad avversari o polizia. La campagna dannunziana contro la vittoria mutilata ha un\u2019eco enorme e compatta il movimento rivoluzionario, che trova un\u2019unit\u00e0 organizzativa proclamata il 23 marzo del 1919 con la fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento, a Piazza San sepolcro a Milano. La parola fascio apparteneva all\u2019epoca al lessico della sinistra e indicava appunto un cantiere politico costruito da varie componenti convergenti su un programma. La proclamazione della nuova formazione \u00e8 presieduta da Benito Mussolini, all\u2019epoca di sinistra e appena uscito dal partito socialista, e il programma sansepolcrista – di sinistra radicale – \u00e8 preso pari pari dagli scritti di De Ambris e Corradini. Segue un periodo di intensa attivit\u00e0 politica e di manifestazioni finch\u00e9, non trovando soluzione la questione istriana e dalmata, Gabriele D\u2019Annunzio non occupa militarmente la citt\u00e0 di Fiume al comando di un gruppo di Legionari, il 12 settembre 1919, contro il parere del Governo italiano, che cerca di impedirla, e con il favore della popolazione locale e dei suoi amministratori. Rimando ad altra occasione un\u2019analisi dell\u2019impresa dannunziana e mi limito qui a un solo punto: nella citt\u00e0 di Fiume occupata, l\u20198 settembre 1920 D\u2019Annunzio proclama l\u2019indipendenza come stato autonomo della citt\u00e0, sotto la forma di Reggenza Italiana del Carnaro; poco dopo viene promulgata la costituzione, chiamata comunemente Carta del Carnaro, scritta in prima stesura da Alceste De Ambris e messa nella forma finale da D\u2019Annunzio stesso: si tratta probabilmente della pi\u00f9 bella costituzione mai realizzata e della pi\u00f9 completa espressione ideologica del movimento rivoluzionario di cui il poeta si \u00e8 fatto interprete. L\u2019impresa di Fiume rappresenta il punto pi\u00f9 alto e la fine, al tempo stesso, del percorso rivoluzionario. Il governo italiano non vuole, o non \u00e8 in grado di rompere con gli alleati e assecondare il colpo di mano dannunziano e, nello stesso tempo, n\u00e9 il governo n\u00e9 Mussolini – rimasto a Roma, un po\u2019 defilato e pi\u00f9 interessato al fallimento che al successo dell\u2019impresa fiumana – possono permettersi il ritorno in Italia di un D\u2019Annunzio vincitore: nei fatti, Mussolini tace e acconsente all\u2019attacco portato contro Fiume dalla marina militare italiana, con incluso cannoneggiamento dello studio del poeta, che \u00e8 costretto ad arrendersi dopo il natale di sangue del 1920. Con questo esito, Mussolini approfitta della sconfitta politica dell\u2019ex alleato e assume la guida del movimento rivoluzionario: scioglie i Fasci Italiani di Combattimento dando vita, il 9 novembre 1921, al nuovo Partito Nazionale Fascista; si presenta come successore ed erede di D\u2019Annunzio, inizia una violenta campagna aggressiva contro le forze di sinistra che non riconoscono il suo ruolo – campagna che le istituzioni osservano con tacita benevolenza – e poi mette all\u2019incasso le cambiali che gli sono state firmate, ricevendo l\u2019incarico di formare il governo al termine di una farsesca marcia su Roma il 22 ottobre 1922. Mussolini non fu mai un politico abile: era furbo e traffichino, il che \u00e8 altra cosa; non era dentro la cultura del Novecento, ma veniva dal secolo precedente e ne covava tutti i pregiudizi; ma in quel momento storico una cosa l\u2019aveva capita: che conservando le forme, i riti e gli stili dannunziani sarebbe stato riconosciuto come suo legittimo successore pur cambiando i contenuti politici del suo governo – e cos\u00ec fu. Prese tutto da D\u2019Annunzio: le divise, il fez, i discorsi dal balcone, gli slogan, il saluto legionario (o romano), l\u2019eia eia alal\u00e0!, il mito degli arditi, il culto del fante proletario e degli eroi… e trascur\u00f2 tutto il resto. D\u2019Annunzio era repubblicano e Mussolini si leg\u00f2 a doppio filo con il re: Partito Fascista e Monarchia si sostennero a vicenda, il duce salv\u00f2 la corona dalla rivoluzione e il monarca gli concesse di tutto, compresa l\u2019innaturale alleanza con la Germania, le leggi razziali, la guerra e solo a tempo scaduto gli fece mancare l\u2019appoggio dell\u2019esercito permettendo all\u2019opposizione interna di metterlo in minoranza e farne cadere il governo. D\u2019Annunzio credeva in un sistema di autonomie della societ\u00e0 dallo stato: erano le corporazioni, termine ripreso dal lessico tradizionale italiano con cui sostitu\u00ec il termine consigli usato da De Ambris (ma entrambi avevano in mente una rielaborazione adatta alla societ\u00e0 occidentale del sistema dei soviet); Mussolini intese la corporazione come sindacato unico nazionale e come organo statale, in un\u2019ottica decisamente centralista e, nei fatti, totalitaria. Mussolini fu sedotto dal mito della razza, dall\u2019imperialismo, dal Vaticano a cui concesse di tutto; D\u2019Annunzio era libertario, sanc\u00ec nella Carta…<\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":2058,"comment_status":"closed","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[42,10],"tags":[14,793,794,1134,15,1135,16,94,17,126,795,846,774,85,119,19,28,777,144,796,115,121,30,1136,39,528,792,34,35,531],"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2056"}],"collection":[{"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/users\/2"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=2056"}],"version-history":[{"count":3,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2056\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":2259,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2056\/revisions\/2259"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/media\/2058"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=2056"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=2056"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/interculturalita.it\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=2056"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}