{"id":2043,"date":"2023-05-05T17:21:54","date_gmt":"2023-05-05T17:21:54","guid":{"rendered":"https:\/\/interculturalita.it\/?p=2043"},"modified":"2024-01-26T12:54:36","modified_gmt":"2024-01-26T12:54:36","slug":"pier-francesco-zarcone-il-25-aprile-italiano-specchio-di-assenza-di-patria-e-mistificazione-dei-significati","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/interculturalita.it\/pier-francesco-zarcone-il-25-aprile-italiano-specchio-di-assenza-di-patria-e-mistificazione-dei-significati\/","title":{"rendered":"Pier Francesco Zarcone: Il 25 aprile italiano, specchio di assenza di patria e mistificazione dei significati"},"content":{"rendered":"

Pier Francesco Zarcone:
\nIl 25 aprile italiano, specchio di assenza di patria e mistificazione dei significati<\/h3>\n

Prima di gridare al \u201csacrilegio laico\u201d per l\u2019accostamento tra partigiani e militi della X Mas si legga l\u2019articolo, e dopo magari si gridi o si acconsenta. Tanto per chiarire fin da subito, chi scrive non sta con la X Mas, ma coi partigiani, pur rispettando i combattenti ed i morti dell\u2019altra parte quando non criminali (e questo vale anche per i partigiani). Da specificare \u2013 giacch\u00e9 il \u201cbuonismo\u201d interessato si infiltra dovunque \u2013 che l\u2019assenza di criminalit\u00e0 non implica il non aver ucciso nemici, perch\u00e9 uno degli elementi indispensabili per vincere una guerra \u00e8 ammazzarne il maggior numero possibile. Da che mondo \u00e8 mondo.<\/p>\n

Comunque i personaggi indicati nelle due immagini di questo testo [quella di apertura tratta da collettiva.it<\/a>, l’altra da ariannaeditrice.it<\/a>] hanno in comune qualcosa di importante: tutti fecero una scelta e di conseguenza combatterono; due minoranze in mezzo ad una massa vigliacca restata a casa per \u201ccorrere in aiuto del vincitore\u201d (una volta chiarito chi fosse). Era la sempiterna Italia del \u201cviva Franza o viva Spagna basta che se magna\u201d, impostazione inconcepibile per tanti altri popoli.<\/p>\n

Nel verso di una nota canzone \u201crepubblichina\u201d c\u2019era assolutamente del vero, tanto per i combattenti della RSI quanto per i partigiani:<\/p>\n

Meglio un vigliacco che non ha bandiera,
\nuno che non ha sangue nelle vene,
\nuno che serber\u00e0 la pelle intera.<\/p>\n

Due minoranze perch\u00e9 nessuna delle fazioni in lotta fu mai un fenomeno di massa. O meglio, lo divennero i partigiani dal 25 aprile<\/strong>: molti Italiani corsero in loro aiuto a cose fatte.<\/p>\n

Per argomentare l\u2019assenza di una patria italiana manifestata dalle periodiche manifestazioni del 25 aprile partiamo da un esempio straniero, russo in ispecie (sopportino i russofobi), che manifesta un diverso modus procedendi<\/em> in ordine alla storia patria, peraltro impossibile da riprodurre in Italia per mancanza del presupposto fondante.<\/p>\n

 <\/p>\n

\"Pier<\/p>\n

 <\/p>\n

Il 26 aprile 2023 il sito ariannaeditrice.it<\/a> ha pubblicato l\u2019articolo La patria \u00e8 la patria di tutti<\/strong>, a firma di Roberto Buffagni<\/strong> (n. 1956) che sotto il titolo ha una fotografia opportunamente definita \u201cmolto significativa di una corrente essenziale della cultura russa\u201d: in pratica, sull\u2019automobile di un Russo<\/p>\n

“sventolano bandiere della Federazione russa, dell\u2019Impero zarista, dell\u2019URSS e (\u2026), anche un’icona del Mandylion, il Volto Santo di Ges\u00f9. Sul piano teorico, filosofico (\u2026,) questo sventolio sincretista fa venire il mal di testa; ma sul piano culturale lato sensu, compresi i piani religioso (re-ligare) e politico, \u00e8 perfettamente coerente: perch\u00e9 tutti coloro che si sono riconosciuti in queste bandiere sono figli della Madre Russia (qualcuno aggiunger\u00e0: della Santa Madre Russia). Negli anni della sua presidenza, Putin ha fatto due cose: a) ridare la stella rossa all\u2019Armata \u201cperch\u00e9 quella bandiera ha sventolato sulla Cancelleria di Berlino, e i nostri padri non sono morti invano\u201d; b) fatto erigere una statua alta tre metri dell\u2019Ammiraglio Kol\u00b4chak, comandante in capo delle Armate Bianche nella guerra civile, nel cortile dell\u2019Accademia Navale di S. Pietroburgo. Motivo: riconciliazione dei compatrioti, a prescindere dalle scelte politiche, vittoriose o sconfitte, condivisibili o non condivisibili, del passato, perch\u00e9 LA PATRIA E’ LA PATRIA DI TUTTI. (\u2026) E qui si vede che cosa potrebbe insegnare la buffa automobile russa carica di bandiere anche a noi italiani, all\u2019indomani del 25 aprile, il giorno in cui si combattono, in una batracomiomachia di equivoci, menzogne, strumentalismi, i fantasmi d\u2019una guerra civile. Intelligenti pauca.<\/em><\/p>\n

Per gli Italiani l\u2019insegnamento ricavabile, ammesso che venga accolto, sarebbe solo teorico, ovvero astratto. Tutta la storia russa dimostra le profonde radici sentimento patrio, quella italiana \u2013 stante il diverso sviluppo storico pre e post unitario \u2013 ne dimostra la mancanza: il tifo per la nazionale di calcio, a volte violento, nulla ha a che vedere col patriottismo. E veniamo all\u2019Italia.<\/p>\n

Per onest\u00e0 e chiarezza l\u2019autore di quest\u2019articolo dichiara di essere iscritto a un partito (oggi ovviamente molto piccolo) fautore dell\u2019indipendenza siciliana dall\u2019Italia e quindi della fine del dominio coloniale italiano sull\u2019isola (la Sardegna non sta affatto meglio). Natio<\/em> viene dal latino natus,<\/em> e patria da patres.<\/em><\/strong> Bench\u00e9 per vari secoli non siano stati per secoli n\u00e9 italici n\u00e9 italiani i patres<\/em> dell\u2019autore dell\u2019articolo, tuttavia la questione della mancanza di una patria italiana si pone per tutti (continentali e isolani) ed \u00e8 comunque interessante.<\/p>\n

Sulla violenta conquista coloniale del Regno delle Due Sicilie<\/strong> da parte dei Caini italiani, sui massacri e sulle disastrose condizioni socio-economiche derivanti esiste ormai una vasta bibliografia, per quanto forse di opere poco lette, a cui si rimanda. Semmai \u00e8 il caso di fare una considerazione: dopo secoli e secoli di piccole ma identitarie patrie italiche, sedi di lingue spesso a s\u00e9 stanti poi ideologicamente mistificate come \u201cdialetti\u201d dai risorgimentalisti, era ovvio che l\u2019unificazione \u2013 per giunta in uno Stato centralizzato<\/strong> \u2013 non unificasse le popolazioni. Se gi\u00e0 prima le terre italiche erano state teatro di sanguinosi conflitti di campanile, il modo in cui fu realizzata l\u2019unificazione non fece altro che rinfocolare gli odi di parte gi\u00e0 esistenti e, in linea generale, i ciechi spiriti partigiani: chi non \u00e8 con me \u00e8 contro di me e va demonizzato anche dopo la stabile conclusione della lotta.<\/p>\n

Qui non c\u2019\u00e8 spazio per affermare \u201csi tratta comunque di morti per la patria\u201d, giacch\u00e9 per ogni fazione la patria si identifica nella propria bandiera e non in una mai esistita e mai rappresentata \u201cMadre Italia<\/strong>\u201d. I morti delle parti vincitrici sono una cosa, quelli delle parti perdenti sono ben altra cosa.<\/p>\n

Niente di strano, quindi, che gli eroici combattenti caduti a Gaeta<\/strong> e Civitella del Tronto<\/strong> sotto la bandiera duosiciliana difendendo il proprio paese dall\u2019invasione straniera \u2013 in totale spregio del diritto internazionale (ma questo \u00e8 tipico dei \u201cliberali\u201d) \u2013 siano periodicamente celebrati solo da c.d. \u201creazionari\u201d e\/o da patrioti meridionali. Non certo dall\u2019italica maggioranza risorgimentalista che in buona parte nemmeno conosce bene cosa sia stato il risorgimento: i testi scolastici sono i meno indicati alla bisogna, e molti in Italia hanno letto solo quelli. E niente di strano che il 25 aprile continui ad essere festa divisiva<\/strong>.<\/p>\n

Periodicamente qualche esponente della \u201cdestra-destra\u201d (perch\u00e9 ormai la c.d. sinistra \u00e8 \u201csinistra della destra\u201d) se ne esce con l\u2019esigenza di riappacificazione tra Italiani dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che essi fra di loro non erano affatto pacificati prima del 25 aprile 1945. Ma tant\u2019\u00e8.<\/p>\n

Mancando del tutto i presupposti per l\u2019imitazione dell\u2019esempio russo, si potrebbe ripiegare su sistemi alternativi avendo un po\u2019 di discernimento, di spirito analitico e meno faziosit\u00e0 strumentale. Cio\u00e8 guardando gli avvenimenti a cui il 25 aprile si riferisce da uno specifico e diverso angolo di visuale, perch\u00e9 a ben vedere i contenuti del 25 aprile sono molto pi\u00f9 articolati di quanto le imbalsamatrici celebrazioni ufficiali facciano credere. Solo festa della \u201cliberazione\u201d e festa \u201cantifascista\u201d? Beato chi ci crede!<\/p>\n

In realt\u00e0 nessuno di tali due significati \u00e8 esatto, e per diventarlo richiederebbe tante specificazioni da rendere impossibile un nome sintetico per questa celebrazione.<\/p>\n

Liberazione s\u00ec, ma solo dall\u2019occupazione tedesca e dalla collaborazionista Repubblica Sociale<\/strong>, ma non dall\u2019occupazione statunitense<\/strong> e dal suo collaborazionista Stato italiano prima ancora monarchico e poi repubblicano. Infatti gli yankees non se ne sono pi\u00f9 andati dal 1945, hanno riempito l\u2019Italia di basi militari e di bombe atomiche ed esibiscono un\u2019arroganza non inferiore a quella teutonica. Quindi una liberazione molto relativa.<\/strong><\/p>\n

Festa antifascista? L\u2019antifascismo<\/strong> \u00e8 ormai un ectoplasma tanto sacralizzato quanto privo di significato, perch\u00e9 nessuna minaccia fascista \u00e8 stata mai seria in assenza della parte retrostante a cui serviva che ci fosse, e che si chiama capitalismo e borghesia. Capitalismo e borghesia hanno vinto l\u2019ultima tornata della lotta di classe, ma di essi nell\u2019onomastica del 25 aprile non se ne fa menzione.<\/p>\n

Ed \u00e8 sintomatico che sia stata accreditata come canzone della Resistenza quel tormentone ormai privo di significato, ovviamente popolare in mezzo mondo ma che nessun partigiano ha mai cantato (non \u00e8 chiaro nemmeno quando sia stata scritta), sul cui testo \u00e8 meglio non fare commenti per non scivolare nella volgarit\u00e0; canzone che va sotto il nome di Bella Ciao<\/em>.<\/p>\n

Canzone partigiana e cantata da partigiani \u2013 sul tema della russa Katyusha<\/em> \u2013 era Fischia il vento<\/em><\/strong>, ma tra la \u201crossa primavera\u201d, il \u201csol dell\u2019avvenire\u201d e la \u201crossa bandiera\u201d era palesemente comunista, troppo comunista, e quindi anche il \u201cprudente\u201d Palmiro Togliatti<\/strong>, costretto dall\u2019occupazione statunitense, alla fine si acconci\u00f2 a Bella Ciao<\/em>.<\/p>\n

Ora, essere genericamente antifascista ma non anticapitalista<\/strong> equivale a criticare l\u2019uso di una pistola ponendosi in sintonia con chi la impugna. Oggi non sembra proprio che siano in atto pericolosi rigurgiti fascisti: per prima cosa il capitalismo (nazionale e transnazionale) non ne ha bisogno, e poi i personaggi dell\u2019attuale estrema destra italiana \u2013 francamente \u2013 pi\u00f9 che far paura fanno ridere, fermo restando che la loro violenza sul paese si esercita mediante il pi\u00f9 abietto servilismo verso gli Stati Uniti, rivelando cosa celasse l\u2019asserito sovranismo.<\/p>\n

Fare del 25 aprile una mera celebrazione antifascista significa, inoltre, cancellare il ruolo militare, innanzi tutto dei partigiani comunisti, di gran lunga maggioritari. Senza di loro non sarebbe neppure il caso di parlare di Resistenza armata.<\/p>\n

Questo non significa certo rivendicare una Resistenza solo comunista, ma rivendicare l\u2019esistenza forte (anche quantitativamente) della lotta di classe nel quadro della lotta antitedesca ed antirepubblichina. Quella lotta che si riflette nei contenuti della Costituzione che, se attuati dai governi \u201cdemocratici\u201d della Repubblica, avrebbero aperto la \u201cvia italiana al socialismo<\/strong>\u201d; naturalmente se non ci fosse stato il dominio yankee sull\u2019Italia. A togliere la questione di classe alla Resistenza la si priva di ogni contenuto politico trasformativo della realt\u00e0 italiana.<\/p>\n

Si accennava all\u2019inizio alla parte giusta ed a quella sbagliata, che dal 1945 tengono banco, inutilmente. Si tratta di questioni politiche e storiche. Molto pi\u00f9 opportuno sarebbe parlare delle motivazioni che presiedettero le scelte, soprattutto per quelle repubblichine. Ovviamente lasciando da parte fanatici, razzisti e sadici.<\/p>\n

Demonizzare il nemico \u00e8 utile, anzi \u00e8 consigliabile, nel corso di un conflitto; dopo, \u00e8 meglio lasciar stare, per evitare cattive figure. Molte scelte per la RSI furono conseguenza della melma etica in cui era sprofondata una dinastia traditrice<\/strong> (peraltro storicamente nota e recidiva) ed in cui aveva fatto sprofondare il paese. Aderire alla RSI non fu razionale, ma emotivamente comprensibile per tanti giovani educati in valori pubbblici, quand\u2019anche non molto seguiti dagli stessi che li propugnavano.<\/p>\n

Arriva il momento del \u201cche fare?\u201d, ineludibile per ogni critica. L\u2019ideale sarebbe lasciare in solitudine i poco stimabili governanti italici a farsi la loro annuale celebrazione, e che persone di buona volont\u00e0 riuscissero ad organizzare un 25 aprile che celebri la fine della guerra civile e mondiale in Italia e contenga l\u2019invito a riprendere a lottare per l\u2019indipendenza del paese. Ma probabilmente si tratta di una pia illusione.<\/p>\n

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Pier Francesco Zarcone: Il 25 aprile italiano, specchio di assenza di patria e mistificazione dei significati Prima di gridare al \u201csacrilegio laico\u201d per l\u2019accostamento tra partigiani e militi della X Mas si legga l\u2019articolo, e dopo magari si gridi o si acconsenta. Tanto per chiarire fin da subito, chi scrive non sta con la X Mas, ma coi partigiani, pur rispettando i combattenti ed i morti dell\u2019altra parte quando non criminali (e questo vale anche per i partigiani). Da specificare \u2013 giacch\u00e9 il \u201cbuonismo\u201d interessato si infiltra dovunque \u2013 che l\u2019assenza di criminalit\u00e0 non implica il non aver ucciso nemici, perch\u00e9 uno degli elementi indispensabili per vincere una guerra \u00e8 ammazzarne il maggior numero possibile. Da che mondo \u00e8 mondo. Comunque i personaggi indicati nelle due immagini di questo testo [quella di apertura tratta da collettiva.it, l’altra da ariannaeditrice.it] hanno in comune qualcosa di importante: tutti fecero una scelta e di conseguenza combatterono; due minoranze in mezzo ad una massa vigliacca restata a casa per \u201ccorrere in aiuto del vincitore\u201d (una volta chiarito chi fosse). Era la sempiterna Italia del \u201cviva Franza o viva Spagna basta che se magna\u201d, impostazione inconcepibile per tanti altri popoli. Nel verso di una nota canzone \u201crepubblichina\u201d c\u2019era assolutamente del vero, tanto per i combattenti della RSI quanto per i partigiani: Meglio un vigliacco che non ha bandiera, uno che non ha sangue nelle vene, uno che serber\u00e0 la pelle intera. Due minoranze perch\u00e9 nessuna delle fazioni in lotta fu mai un fenomeno di massa. O meglio, lo divennero i partigiani dal 25 aprile: molti Italiani corsero in loro aiuto a cose fatte. Per argomentare l\u2019assenza di una patria italiana manifestata dalle periodiche manifestazioni del 25 aprile partiamo da un esempio straniero, russo in ispecie (sopportino i russofobi), che manifesta un diverso modus procedendi in ordine alla storia patria, peraltro impossibile da riprodurre in Italia per mancanza del presupposto fondante.     Il 26 aprile 2023 il sito ariannaeditrice.it ha pubblicato l\u2019articolo La patria \u00e8 la patria di tutti, a firma di Roberto Buffagni (n. 1956) che sotto il titolo ha una fotografia opportunamente definita \u201cmolto significativa di una corrente essenziale della cultura russa\u201d: in pratica, sull\u2019automobile di un Russo “sventolano bandiere della Federazione russa, dell\u2019Impero zarista, dell\u2019URSS e (\u2026), anche un’icona del Mandylion, il Volto Santo di Ges\u00f9. Sul piano teorico, filosofico (\u2026,) questo sventolio sincretista fa venire il mal di testa; ma sul piano culturale lato sensu, compresi i piani religioso (re-ligare) e politico, \u00e8 perfettamente coerente: perch\u00e9 tutti coloro che si sono riconosciuti in queste bandiere sono figli della Madre Russia (qualcuno aggiunger\u00e0: della Santa Madre Russia). Negli anni della sua presidenza, Putin ha fatto due cose: a) ridare la stella rossa all\u2019Armata \u201cperch\u00e9 quella bandiera ha sventolato sulla Cancelleria di Berlino, e i nostri padri non sono morti invano\u201d; b) fatto erigere una statua alta tre metri dell\u2019Ammiraglio Kol\u00b4chak, comandante in capo delle Armate Bianche nella guerra civile, nel cortile dell\u2019Accademia Navale di S. Pietroburgo. Motivo: riconciliazione dei compatrioti, a prescindere dalle scelte politiche, vittoriose o sconfitte, condivisibili o non condivisibili, del passato, perch\u00e9 LA PATRIA E’ LA PATRIA DI TUTTI. (\u2026) E qui si vede che cosa potrebbe insegnare la buffa automobile russa carica di bandiere anche a noi italiani, all\u2019indomani del 25 aprile, il giorno in cui si combattono, in una batracomiomachia di equivoci, menzogne, strumentalismi, i fantasmi d\u2019una guerra civile. Intelligenti pauca. Per gli Italiani l\u2019insegnamento ricavabile, ammesso che venga accolto, sarebbe solo teorico, ovvero astratto. Tutta la storia russa dimostra le profonde radici sentimento patrio, quella italiana \u2013 stante il diverso sviluppo storico pre e post unitario \u2013 ne dimostra la mancanza: il tifo per la nazionale di calcio, a volte violento, nulla ha a che vedere col patriottismo. E veniamo all\u2019Italia. Per onest\u00e0 e chiarezza l\u2019autore di quest\u2019articolo dichiara di essere iscritto a un partito (oggi ovviamente molto piccolo) fautore dell\u2019indipendenza siciliana dall\u2019Italia e quindi della fine del dominio coloniale italiano sull\u2019isola (la Sardegna non sta affatto meglio). Natio viene dal latino natus, e patria da patres. Bench\u00e9 per vari secoli non siano stati per secoli n\u00e9 italici n\u00e9 italiani i patres dell\u2019autore dell\u2019articolo, tuttavia la questione della mancanza di una patria italiana si pone per tutti (continentali e isolani) ed \u00e8 comunque interessante. Sulla violenta conquista coloniale del Regno delle Due Sicilie da parte dei Caini italiani, sui massacri e sulle disastrose condizioni socio-economiche derivanti esiste ormai una vasta bibliografia, per quanto forse di opere poco lette, a cui si rimanda. Semmai \u00e8 il caso di fare una considerazione: dopo secoli e secoli di piccole ma identitarie patrie italiche, sedi di lingue spesso a s\u00e9 stanti poi ideologicamente mistificate come \u201cdialetti\u201d dai risorgimentalisti, era ovvio che l\u2019unificazione \u2013 per giunta in uno Stato centralizzato \u2013 non unificasse le popolazioni. Se gi\u00e0 prima le terre italiche erano state teatro di sanguinosi conflitti di campanile, il modo in cui fu realizzata l\u2019unificazione non fece altro che rinfocolare gli odi di parte gi\u00e0 esistenti e, in linea generale, i ciechi spiriti partigiani: chi non \u00e8 con me \u00e8 contro di me e va demonizzato anche dopo la stabile conclusione della lotta. Qui non c\u2019\u00e8 spazio per affermare \u201csi tratta comunque di morti per la patria\u201d, giacch\u00e9 per ogni fazione la patria si identifica nella propria bandiera e non in una mai esistita e mai rappresentata \u201cMadre Italia\u201d. I morti delle parti vincitrici sono una cosa, quelli delle parti perdenti sono ben altra cosa. Niente di strano, quindi, che gli eroici combattenti caduti a Gaeta e Civitella del Tronto sotto la bandiera duosiciliana difendendo il proprio paese dall\u2019invasione straniera \u2013 in totale spregio del diritto internazionale (ma questo \u00e8 tipico dei \u201cliberali\u201d) \u2013 siano periodicamente celebrati solo da c.d. \u201creazionari\u201d e\/o da patrioti meridionali. Non certo dall\u2019italica maggioranza risorgimentalista che in buona parte nemmeno conosce bene cosa sia stato il risorgimento: i testi scolastici sono i meno indicati alla bisogna, e molti in Italia hanno letto solo quelli. E niente di strano che il 25 aprile continui ad essere festa divisiva. Periodicamente qualche esponente della \u201cdestra-destra\u201d (perch\u00e9 ormai la c.d. sinistra \u00e8 \u201csinistra della destra\u201d) se ne esce con l\u2019esigenza di riappacificazione tra Italiani dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che essi fra di loro non erano affatto pacificati prima del 25 aprile 1945. Ma tant\u2019\u00e8. Mancando del tutto i presupposti per l\u2019imitazione dell\u2019esempio russo, si potrebbe ripiegare su sistemi alternativi avendo un po\u2019 di discernimento, di spirito analitico e meno faziosit\u00e0 strumentale. Cio\u00e8 guardando gli avvenimenti a cui il 25 aprile si riferisce da uno specifico e diverso angolo di visuale, perch\u00e9 a ben vedere i contenuti del 25 aprile sono molto pi\u00f9 articolati di quanto le imbalsamatrici celebrazioni ufficiali facciano credere. Solo festa della \u201cliberazione\u201d e festa \u201cantifascista\u201d? Beato chi ci crede! In realt\u00e0 nessuno di tali due significati \u00e8 esatto, e per diventarlo richiederebbe tante specificazioni da rendere impossibile un nome sintetico per questa celebrazione. Liberazione s\u00ec, ma solo dall\u2019occupazione tedesca e dalla collaborazionista Repubblica Sociale, ma non dall\u2019occupazione statunitense e dal suo collaborazionista Stato italiano prima ancora monarchico e poi repubblicano. Infatti gli yankees non se ne sono pi\u00f9 andati dal 1945, hanno riempito l\u2019Italia di basi militari e di bombe atomiche ed esibiscono un\u2019arroganza non inferiore a quella teutonica. Quindi una liberazione molto relativa. Festa antifascista? L\u2019antifascismo \u00e8 ormai un ectoplasma tanto sacralizzato quanto privo di significato, perch\u00e9 nessuna minaccia fascista \u00e8 stata mai seria in assenza della parte retrostante a cui serviva che ci fosse, e che si chiama capitalismo e borghesia. Capitalismo e borghesia hanno vinto l\u2019ultima tornata della lotta di classe, ma di essi nell\u2019onomastica del 25 aprile non se ne fa menzione. Ed \u00e8 sintomatico che sia stata accreditata come canzone della Resistenza quel tormentone ormai privo di significato, ovviamente popolare in mezzo mondo ma che nessun partigiano ha mai cantato (non \u00e8 chiaro nemmeno quando sia stata scritta), sul cui testo \u00e8 meglio non fare commenti per non scivolare nella volgarit\u00e0; canzone che va sotto il nome di Bella Ciao. Canzone partigiana e cantata da partigiani \u2013 sul tema della russa Katyusha \u2013 era Fischia il vento, ma tra la \u201crossa primavera\u201d, il \u201csol dell\u2019avvenire\u201d e la \u201crossa bandiera\u201d era palesemente comunista, troppo comunista, e quindi anche il \u201cprudente\u201d Palmiro Togliatti, costretto dall\u2019occupazione statunitense, alla fine si acconci\u00f2 a Bella Ciao. Ora, essere genericamente antifascista ma non anticapitalista equivale a criticare l\u2019uso di una pistola ponendosi in sintonia con chi la impugna. Oggi non sembra proprio che siano in atto pericolosi rigurgiti fascisti: per prima cosa il capitalismo (nazionale e transnazionale) non ne ha bisogno, e poi i personaggi dell\u2019attuale estrema destra italiana \u2013 francamente \u2013 pi\u00f9 che far paura fanno ridere, fermo restando che la loro violenza sul paese si esercita mediante il pi\u00f9 abietto servilismo verso gli Stati Uniti, rivelando cosa celasse l\u2019asserito sovranismo. Fare del 25 aprile una mera celebrazione antifascista significa, inoltre, cancellare il ruolo militare, innanzi tutto dei partigiani comunisti, di gran lunga maggioritari. Senza di loro non sarebbe neppure il caso di parlare di Resistenza armata. Questo non significa certo rivendicare una Resistenza solo comunista, ma rivendicare l\u2019esistenza forte (anche quantitativamente) della lotta di classe nel quadro della lotta antitedesca ed antirepubblichina. Quella lotta che si riflette nei contenuti della Costituzione che, se attuati dai governi \u201cdemocratici\u201d della Repubblica, avrebbero aperto la \u201cvia italiana al socialismo\u201d; naturalmente se non ci fosse stato il dominio yankee sull\u2019Italia. A togliere la questione di classe alla Resistenza la si priva di ogni contenuto politico trasformativo della realt\u00e0 italiana. Si accennava all\u2019inizio alla parte giusta ed a quella sbagliata, che dal 1945 tengono banco, inutilmente. Si tratta di questioni politiche e storiche. Molto pi\u00f9 opportuno sarebbe parlare delle motivazioni che presiedettero le scelte, soprattutto per quelle repubblichine. Ovviamente lasciando da parte fanatici, razzisti e sadici. Demonizzare il nemico \u00e8 utile, anzi \u00e8 consigliabile, nel corso di un conflitto; dopo, \u00e8 meglio lasciar stare, per evitare cattive figure. Molte scelte per la RSI furono conseguenza della melma etica in cui era sprofondata una dinastia traditrice (peraltro storicamente nota e recidiva) ed in cui aveva fatto sprofondare il paese. Aderire alla RSI non fu razionale, ma emotivamente comprensibile per tanti giovani educati in valori pubbblici, quand\u2019anche non molto seguiti dagli stessi che li propugnavano. Arriva il momento del \u201cche fare?\u201d, ineludibile per ogni critica. L\u2019ideale sarebbe lasciare in solitudine i poco stimabili governanti italici a farsi la loro annuale celebrazione, e che persone di buona volont\u00e0 riuscissero ad organizzare un 25 aprile che celebri la fine della guerra civile e mondiale in Italia e contenga l\u2019invito a riprendere a lottare per l\u2019indipendenza del paese. 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