{"id":1632,"date":"2022-09-18T17:22:14","date_gmt":"2022-09-18T17:22:14","guid":{"rendered":"https:\/\/interculturalita.it\/?p=1632"},"modified":"2022-12-19T21:54:20","modified_gmt":"2022-12-19T21:54:20","slug":"f-t-marinetti-lazionariato-sociale-1919","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/interculturalita.it\/f-t-marinetti-lazionariato-sociale-1919\/","title":{"rendered":"F. T. Marinetti: L’azionariato sociale (1919)"},"content":{"rendered":"

L\u2019azionariato Sociale<\/p>\n

I salari sono fissati ad una certa altezza che dipende dalla domanda di lavoro e dalla produttivit\u00e0 del lavoro.
\nII capitale riceve un compenso che \u00e8 e tende ad essere uguale al saggio dell\u2019interesse corrente pi\u00f9 una certa quota di rischio variabile.
\nSe \u2014 per esempio \u2014 c’\u00e8 un impiego sicuro (come la rendita in tempi normali) al 5 % nessuno vorr\u00e0 impiegare il suo risparmio in una impresa industriale che non renda per lo meno il 5 % pi\u00f9 una quota per il rischio.
\nCosi, se in una industria si ricava il 7,50 % e nondimeno un\u2019azione di 100 lire di questa industria vale sul mercato 100 lire e non di pi\u00f9, non diciamo che la capitalizzazione \u00e8 al 7,50 % perch\u00e8 la conoscenza della industria porta a valutare a 2,50 % i rischi che comporta.
\nLa ditta Pirelli, per esempio, avendo accumulato in un triennio una riserva di 6 milioni (dopo aver distribuito l\u2019utile normale agli azionisti) divide la riserva in 3 milioni agli azionisti (come aumento gratuito di capitale) e 3 milioni al personale.
\nEcco una dimostrazione pratica che non ci pu\u00f2 essere vera partecipazione operaia ai profitti delle industrie senza intaccare la quota di rischio che forzatamente deve sostenere, incoraggiare, difendere gli azionisti e la industria stessa.
\nInfatti Pirelli non la chiama partecipazione agli utili, ma regalo o premio agli operai fatto con una parte delle eccedenze sull\u2019utile normale.
\nNoi futuristi crediamo che bisogni imporre al pi\u00f9 presto l\u2019azionariato sociale cio\u00e8: la partecipazione degli operai alle imprese. Questa concezione geniale e pratica che \u00e8 andata formandosi attraverso una serie di tentativi in America, in Francia e in Inghilterra, ha incontrato delle ostilit\u00e0 feroci che si giunger\u00e0 per\u00f2 a superare vittoriosamente.
\nFilippo Carli, segretario generale della Camera di Commercio di Brescia, illustra, spiega e propugna con precisione lucida nella Rivista dell ‘Industrie illustrate italiane l\u2019azionariato sociale.
\nFilippo Carli dice:
\nIl regime della fabbrica, diffusosi nell\u2019Europa occidentale dopo la rivoluzione industriale inglese, spezz\u00f2 definitivamente i rapporti di propriet\u00e0 fra l\u2019operaio e lo strumento di lavoro. Dopo di allora sorse ripetutamente, nei vari paesi, l\u2019idea di ricostituire l’associazione fra il capitale ed il lavoro, poich\u00e9 si sentiva pi\u00f9 o meno oscuramente che in questa era la chiave dell\u2019armonia fra le parti cooperanti alla produzione. Bisogna riconoscere per\u00f2 che il movimento fu affatto inadeguato allo scopo : molti tentativi fallirono, altri si trascinarono pi\u00f9 o meno stentatamente, parecchi furono causa di profonde disillusioni. Tuttavia \u00e8 da chiedersi se quegli esperimenti si compiessero con quella larghezza di vedute che sarebbe stata necessaria, e con quella sincerit\u00e0 che \u00e8 condizione indispensabile del loro successo.
\nFin dal 1825 si ebbero in Inghilterra i primi tentativi di partecipazionismo operaio, e da quell\u2019anno fino al 1910 si fecero 221 di tali esperimenti, dei quali solo 70 erano in esistenza nel 1910, secondo i rilievi fatti dall\u2019 Ufficio inglese del Lavoro ; e, in fondo, gli operai inglesi considerano attualmente questo procedimento con indifferenza. In Francia gi\u00e0 negli anni quaranta, il movimento connesso alla et\u00e0 d\u2019oro della borghesia, fece sorgere in alcuni spiriti illuminati l\u2019idea della partecipazione ai profitti. Il primo tentativo concreto fu quello di Jean Leclaire nel 1842, il finale incontr\u00f2 ogni sorta di difficolt\u00e0. Tuttavia l\u2019idea fece strada, e nel 1879 per la prima volta fu proposto un disegno di legge al Parlamento francese da Laroche-Joubert, nell\u2019intento di \u00ab pousser au syst\u00e8me coop\u00e9ratif, c\u2019est-a-dire \u00e0 l\u2019association de Intelligence du capital et du travail, par la participation impos\u00e9e aux adjudica-teurs… \u00bb. Il concetto era che lo Stato imponesse la partecipazione agli aggiudicatari dei
\nlavori pubblici, per dare esso stesso l\u2019esempio e per dimostrare l\u2019utilit\u00e0 ai liberi imprenditori. L\u2019idea fu ripresa nel 1895 dal Guillemet, persuaso com\u2019era \u00ab qu\u2019il n\u2019y a rien de plus difficile \u00e0 faire entendre aux gens que leur propre int\u00e9r\u00eat \u00bb e che quindi bisognava che lo Stato desse l\u2019esempio. Dopo altri progetti, il Godard, nel 1909, si pose da un punto di vista pi\u00f9 ampio, chiedendo la creazione di actions de jouissance du travail nell\u2019intento di imporre alle societ\u00e0 anonime l\u2019ammortamento del loro capitale e di rendere il capitale iniziale e il lavoro comproprietari dell\u2019attivo sociale liberato rispetto al primo mediante il rimborso delle azioni. Era questa la via maestra del nuovo partecipazionismo, la quale doveva condurre alla legge del 26 aprile 1917 sulle societ\u00e0 anonime a partecipazione operaia. I principi fondamentali di questa legge, che si pu\u00f2 considerare come il passo pi\u00f9 decisivo fatto dalla legislazione moderna in tale campo, sono i seguenti :
\n1\u00b0 Gli operai avranno diritto ad una parte dei benefici realizzati dall\u2019impresa a cui sono adibiti.
\n2\u00b0 Essi partecipano alla sua gestione, saranno rappresentati alle Assemblee generali, avranno il loro posto nel Consiglio di Amministrazione.
\n3\u00b0 Essi avranno un diritto di credito eventuale sull\u2019effettivo della societ\u00e0.
\nDice l\u2019art. 1 della legge: Le azioni della societ\u00e0 si compongono : a) di azioni o parte di azioni di capitale; b) di azioni dette azioni di lavoro. Le azioni di lavoro sono la propriet\u00e0 collettiva del personale salariato (operai ed impiegati dei due sessi) costituito in societ\u00e0 commerciale cooperativa di mano d\u2019opera in conformit\u00e0 dell\u2019art. 68 della legge 24 luglio 1867, modificata dalla legge 1\u00b0 agosto 1893. Questa societ\u00e0 di mano d\u2019opera comprender\u00e0 obbligatoriamente od esclusivamente, tutti i salariati adibiti all’impresa da almeno un anno ed aventi pi\u00f9 di 21 anni di et\u00e0… \u00bb. E per tal modo il lavoro, del pari del capitale, costituisce un diritto che d\u00e0 origine ad un azione, l’azione di lavoro. Questo geniale concetto dell’azione di lavoro, viene a sovvertire completamente la nozione corrente del salario, ed a elevare il salariato al livello di un collaboratore del capitalista. Esso contiene in s\u00e8 potenzialmente una profonda trasformazione economico-sociale, trasformazione alla quale noi pure dobbiamo
\nmirare. Certo, non mancano le obbiezioni di carattere dottrinale contro il principio informatore di tale legge, come non mancheranno le difficolt\u00e0 della sua pratica applicazione : ma \u00e8 fuor di dubbio che essa contiene una formola fondamentale di equilibrio sociale.
\nLa grande idea \u00e8 lanciata, un\u2019idea che ha la potenza di un profondo rivolgimento legale nei rapporti fra le classi:”l’azionariato sociale “. C\u2019\u00e8 qui veramente la chiave dell\u2019armonia tra capitale e lavoro nel dopo guerra : c\u2019\u00e8 tutto l\u2019avvenire. Se le classi dirigenti hanno qualche incertezza, qualche ondeggiamento nell\u2019applicazione di questo principio, sono perdute. E notisi che la legge francese non rappresenta se non un primo passo sulla via che deve condurre alla piena attuazione del principio : essa non sancisce che una facolt\u00e0, mentre si deve venire all\u2019obbligatoriet\u00e0; e probabilmente essa \u00e8 destinata a combinarsi con alcuni principi propugnati dal Briand fino dal 1910. Secondo il progetto Briand, il 33 % dei benefici sarebbe riservato agli operai ; il 33 % al Capitalo ed al Consiglio di Amministrazione, in cui gli operai sono rappresentati in proporzione di almeno un quarto dei membri; l\u2019altro 33 % sarebbe distribuito, quanto al 17 % sotto forma di premi a compensare gli operai di \u00e8dile, e quanto al
\n16 % al direttore tecnico, ingegneri, consigliere delegato, sotto forma di supplemento dei loro stipendi. E\u2019 probabile dunque che notevoli passi innanzi si debbano fare; ma la via \u00e8 questa, ed ogni deviazione sarebbe rovinosa : giacch\u00e9 non si pu\u00f2 non riconoscere la legittimit\u00e0 storico-sociale e demografico-economica del fondamento su cui posa il nuovo principio. L \u2019impresa non \u00e8 pi\u00f9, nella nostra societ\u00e0, una funzione privata: \u00e8 una funzione pubblica nei suoi presupposti, nel suo svolgimento, nelle sue conseguenze. Viceversa l\u2019imprenditore nell\u2019atto in cui assolda mille, duemila, diecimila operai, per una determinata forma di produzione, tende ad accaparrare nel proprio individuale interesse una parte delle forze nazionali la nazione gli cede una parte del proprio organismo affinch\u00e8 egli ne disponga come creder\u00e0 pi\u00f9 opportuno: e da allora la vita e l\u2019avvenire di questa parte della nazione, dipendono dal suo arbitrio e dalla sua capacit\u00e0. A questo punto \u00e8 legittimo che sorga il diritto della collettivit\u00e0
\nnazionale a limitare quello dell\u2019individuo: rappresentata da quei mille o duemila o diecimila operai che furono assunti dall\u2019individuo imprenditore \u2014 il quale, notisi bene, deve allo stesso ambiente sociale una gran parte della sua capacit\u00e0 tecnica e della sua potenzialit\u00e0 economica \u2014 la collettivit\u00e0 nazionale insorge ed afferma il suo diritto a partecipare all\u2019impresa. Spunta l\u2019azione sociale. Un radicale rivolgimento \u00e8 avvenuto nei principi del salario, poich\u00e9 questo riesce cos\u00ec composte di due quote: una quota con la quale all\u2019operaio \u00e8 assicurata la semplice esistenza e che pertanto si potrebbe chiamare biologica, ed una quota con la quale e per la quale l\u2019operaio partecipa in modo cosciente ai benefici della gestione sociale.
\nUmberto Notari, direttore delle Industrie illustrate italiane, da me interrogato sull\u2019opposizione che la sua campagna in favore dell\u2019azionariato sociale ha incontrato nell\u2019ambiente industriale, mi disse:
\n\u00abUno dei principali oppositori, Pirelli, non ha trovato, in fondo, che queste due obbiezioni:
\n1) Accogliere nel consiglio di amministrazione degli operai vuol dire accogliere dei possibili propalatori o trafugatori di sistemi, di metodi speciali, di formule segrete e di brevetti preziosi, dato che gli operai possono domani abbandonare l\u2019azienda od officina per recarsi in un\u2019altra.
\n2) Le maestranze sarebbero sempre pi\u00f9 o meno malcontente degli operai che le rappresenterebbero nel consiglio di d\u2019amministrazione.
\nIn realt\u00e0 mi disse Notari, \u00abnegli industriali si manifesta una irriducibile repugnanza ad avere al fianco l\u2019operaio servitore o schiavo di ieri \u00bb.
\nVecchia concezione medievale del padrone capitalista chiuso coi suoi amici azionisti nel ricco ed elegante studio che guarda attraverso gli eleganti pizzi delle sue tendine il fiume nero degli operai che scorre nelle vaste arterie della sua immensa fabbrica fra il rosseggiare degli alti forni e le cataste di coke.
\nMa l\u2019ostilit\u00e0 \u2014 soggiungeva Notari \u2014 viene anche dagli operai, i quali non comprendono assolutamente l\u2019ascensione morale che l\u2019azionariato offre loro e sono d\u2019altra parte sobillati dai capi e agitatori contro l’azionariato stesso che tende a distruggere ogni loro ragione d\u2019essere, poich\u00e9 addormenta la lotta di classe \u00bb.
\nNotari conveniva con me che in fondo si tratta di ostacoli di un valore molto relativo.<\/p>\n

F.T.MARINETTI.<\/p>\n

Gianni Ferracuti su Amazon<\/a><\/strong><\/p>\n

Gianni Ferracuti, Compagno D’Annunzio, alal\u00e0! Italianit\u00e0 e socialismo dell’impresa di Fiume<\/a><\/strong><\/p>\n

F. T. Marinetti: Come si seducono le donne e si tradiscono gli uomini<\/strong><\/a><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

L\u2019azionariato Sociale I salari sono fissati ad una certa altezza che dipende dalla domanda di lavoro e dalla produttivit\u00e0 del lavoro. II capitale riceve un compenso che \u00e8 e tende ad essere uguale al saggio dell\u2019interesse corrente pi\u00f9 una certa quota di rischio variabile. Se \u2014 per esempio \u2014 c’\u00e8 un impiego sicuro (come la rendita in tempi normali) al 5 % nessuno vorr\u00e0 impiegare il suo risparmio in una impresa industriale che non renda per lo meno il 5 % pi\u00f9 una quota per il rischio. Cosi, se in una industria si ricava il 7,50 % e nondimeno un\u2019azione di 100 lire di questa industria vale sul mercato 100 lire e non di pi\u00f9, non diciamo che la capitalizzazione \u00e8 al 7,50 % perch\u00e8 la conoscenza della industria porta a valutare a 2,50 % i rischi che comporta. La ditta Pirelli, per esempio, avendo accumulato in un triennio una riserva di 6 milioni (dopo aver distribuito l\u2019utile normale agli azionisti) divide la riserva in 3 milioni agli azionisti (come aumento gratuito di capitale) e 3 milioni al personale. Ecco una dimostrazione pratica che non ci pu\u00f2 essere vera partecipazione operaia ai profitti delle industrie senza intaccare la quota di rischio che forzatamente deve sostenere, incoraggiare, difendere gli azionisti e la industria stessa. Infatti Pirelli non la chiama partecipazione agli utili, ma regalo o premio agli operai fatto con una parte delle eccedenze sull\u2019utile normale. Noi futuristi crediamo che bisogni imporre al pi\u00f9 presto l\u2019azionariato sociale cio\u00e8: la partecipazione degli operai alle imprese. Questa concezione geniale e pratica che \u00e8 andata formandosi attraverso una serie di tentativi in America, in Francia e in Inghilterra, ha incontrato delle ostilit\u00e0 feroci che si giunger\u00e0 per\u00f2 a superare vittoriosamente. Filippo Carli, segretario generale della Camera di Commercio di Brescia, illustra, spiega e propugna con precisione lucida nella Rivista dell ‘Industrie illustrate italiane l\u2019azionariato sociale. Filippo Carli dice: Il regime della fabbrica, diffusosi nell\u2019Europa occidentale dopo la rivoluzione industriale inglese, spezz\u00f2 definitivamente i rapporti di propriet\u00e0 fra l\u2019operaio e lo strumento di lavoro. Dopo di allora sorse ripetutamente, nei vari paesi, l\u2019idea di ricostituire l’associazione fra il capitale ed il lavoro, poich\u00e9 si sentiva pi\u00f9 o meno oscuramente che in questa era la chiave dell\u2019armonia fra le parti cooperanti alla produzione. Bisogna riconoscere per\u00f2 che il movimento fu affatto inadeguato allo scopo : molti tentativi fallirono, altri si trascinarono pi\u00f9 o meno stentatamente, parecchi furono causa di profonde disillusioni. Tuttavia \u00e8 da chiedersi se quegli esperimenti si compiessero con quella larghezza di vedute che sarebbe stata necessaria, e con quella sincerit\u00e0 che \u00e8 condizione indispensabile del loro successo. Fin dal 1825 si ebbero in Inghilterra i primi tentativi di partecipazionismo operaio, e da quell\u2019anno fino al 1910 si fecero 221 di tali esperimenti, dei quali solo 70 erano in esistenza nel 1910, secondo i rilievi fatti dall\u2019 Ufficio inglese del Lavoro ; e, in fondo, gli operai inglesi considerano attualmente questo procedimento con indifferenza. In Francia gi\u00e0 negli anni quaranta, il movimento connesso alla et\u00e0 d\u2019oro della borghesia, fece sorgere in alcuni spiriti illuminati l\u2019idea della partecipazione ai profitti. Il primo tentativo concreto fu quello di Jean Leclaire nel 1842, il finale incontr\u00f2 ogni sorta di difficolt\u00e0. Tuttavia l\u2019idea fece strada, e nel 1879 per la prima volta fu proposto un disegno di legge al Parlamento francese da Laroche-Joubert, nell\u2019intento di \u00ab pousser au syst\u00e8me coop\u00e9ratif, c\u2019est-a-dire \u00e0 l\u2019association de Intelligence du capital et du travail, par la participation impos\u00e9e aux adjudica-teurs… \u00bb. Il concetto era che lo Stato imponesse la partecipazione agli aggiudicatari dei lavori pubblici, per dare esso stesso l\u2019esempio e per dimostrare l\u2019utilit\u00e0 ai liberi imprenditori. L\u2019idea fu ripresa nel 1895 dal Guillemet, persuaso com\u2019era \u00ab qu\u2019il n\u2019y a rien de plus difficile \u00e0 faire entendre aux gens que leur propre int\u00e9r\u00eat \u00bb e che quindi bisognava che lo Stato desse l\u2019esempio. Dopo altri progetti, il Godard, nel 1909, si pose da un punto di vista pi\u00f9 ampio, chiedendo la creazione di actions de jouissance du travail nell\u2019intento di imporre alle societ\u00e0 anonime l\u2019ammortamento del loro capitale e di rendere il capitale iniziale e il lavoro comproprietari dell\u2019attivo sociale liberato rispetto al primo mediante il rimborso delle azioni. Era questa la via maestra del nuovo partecipazionismo, la quale doveva condurre alla legge del 26 aprile 1917 sulle societ\u00e0 anonime a partecipazione operaia. I principi fondamentali di questa legge, che si pu\u00f2 considerare come il passo pi\u00f9 decisivo fatto dalla legislazione moderna in tale campo, sono i seguenti : 1\u00b0 Gli operai avranno diritto ad una parte dei benefici realizzati dall\u2019impresa a cui sono adibiti. 2\u00b0 Essi partecipano alla sua gestione, saranno rappresentati alle Assemblee generali, avranno il loro posto nel Consiglio di Amministrazione. 3\u00b0 Essi avranno un diritto di credito eventuale sull\u2019effettivo della societ\u00e0. Dice l\u2019art. 1 della legge: Le azioni della societ\u00e0 si compongono : a) di azioni o parte di azioni di capitale; b) di azioni dette azioni di lavoro. Le azioni di lavoro sono la propriet\u00e0 collettiva del personale salariato (operai ed impiegati dei due sessi) costituito in societ\u00e0 commerciale cooperativa di mano d\u2019opera in conformit\u00e0 dell\u2019art. 68 della legge 24 luglio 1867, modificata dalla legge 1\u00b0 agosto 1893. Questa societ\u00e0 di mano d\u2019opera comprender\u00e0 obbligatoriamente od esclusivamente, tutti i salariati adibiti all’impresa da almeno un anno ed aventi pi\u00f9 di 21 anni di et\u00e0… \u00bb. E per tal modo il lavoro, del pari del capitale, costituisce un diritto che d\u00e0 origine ad un azione, l’azione di lavoro. Questo geniale concetto dell’azione di lavoro, viene a sovvertire completamente la nozione corrente del salario, ed a elevare il salariato al livello di un collaboratore del capitalista. Esso contiene in s\u00e8 potenzialmente una profonda trasformazione economico-sociale, trasformazione alla quale noi pure dobbiamo mirare. Certo, non mancano le obbiezioni di carattere dottrinale contro il principio informatore di tale legge, come non mancheranno le difficolt\u00e0 della sua pratica applicazione : ma \u00e8 fuor di dubbio che essa contiene una formola fondamentale di equilibrio sociale. La grande idea \u00e8 lanciata, un\u2019idea che ha la potenza di un profondo rivolgimento legale nei rapporti fra le classi:”l’azionariato sociale “. C\u2019\u00e8 qui veramente la chiave dell\u2019armonia tra capitale e lavoro nel dopo guerra : c\u2019\u00e8 tutto l\u2019avvenire. Se le classi dirigenti hanno qualche incertezza, qualche ondeggiamento nell\u2019applicazione di questo principio, sono perdute. E notisi che la legge francese non rappresenta se non un primo passo sulla via che deve condurre alla piena attuazione del principio : essa non sancisce che una facolt\u00e0, mentre si deve venire all\u2019obbligatoriet\u00e0; e probabilmente essa \u00e8 destinata a combinarsi con alcuni principi propugnati dal Briand fino dal 1910. Secondo il progetto Briand, il 33 % dei benefici sarebbe riservato agli operai ; il 33 % al Capitalo ed al Consiglio di Amministrazione, in cui gli operai sono rappresentati in proporzione di almeno un quarto dei membri; l\u2019altro 33 % sarebbe distribuito, quanto al 17 % sotto forma di premi a compensare gli operai di \u00e8dile, e quanto al 16 % al direttore tecnico, ingegneri, consigliere delegato, sotto forma di supplemento dei loro stipendi. E\u2019 probabile dunque che notevoli passi innanzi si debbano fare; ma la via \u00e8 questa, ed ogni deviazione sarebbe rovinosa : giacch\u00e9 non si pu\u00f2 non riconoscere la legittimit\u00e0 storico-sociale e demografico-economica del fondamento su cui posa il nuovo principio. L \u2019impresa non \u00e8 pi\u00f9, nella nostra societ\u00e0, una funzione privata: \u00e8 una funzione pubblica nei suoi presupposti, nel suo svolgimento, nelle sue conseguenze. Viceversa l\u2019imprenditore nell\u2019atto in cui assolda mille, duemila, diecimila operai, per una determinata forma di produzione, tende ad accaparrare nel proprio individuale interesse una parte delle forze nazionali la nazione gli cede una parte del proprio organismo affinch\u00e8 egli ne disponga come creder\u00e0 pi\u00f9 opportuno: e da allora la vita e l\u2019avvenire di questa parte della nazione, dipendono dal suo arbitrio e dalla sua capacit\u00e0. A questo punto \u00e8 legittimo che sorga il diritto della collettivit\u00e0 nazionale a limitare quello dell\u2019individuo: rappresentata da quei mille o duemila o diecimila operai che furono assunti dall\u2019individuo imprenditore \u2014 il quale, notisi bene, deve allo stesso ambiente sociale una gran parte della sua capacit\u00e0 tecnica e della sua potenzialit\u00e0 economica \u2014 la collettivit\u00e0 nazionale insorge ed afferma il suo diritto a partecipare all\u2019impresa. Spunta l\u2019azione sociale. Un radicale rivolgimento \u00e8 avvenuto nei principi del salario, poich\u00e9 questo riesce cos\u00ec composte di due quote: una quota con la quale all\u2019operaio \u00e8 assicurata la semplice esistenza e che pertanto si potrebbe chiamare biologica, ed una quota con la quale e per la quale l\u2019operaio partecipa in modo cosciente ai benefici della gestione sociale. Umberto Notari, direttore delle Industrie illustrate italiane, da me interrogato sull\u2019opposizione che la sua campagna in favore dell\u2019azionariato sociale ha incontrato nell\u2019ambiente industriale, mi disse: \u00abUno dei principali oppositori, Pirelli, non ha trovato, in fondo, che queste due obbiezioni: 1) Accogliere nel consiglio di amministrazione degli operai vuol dire accogliere dei possibili propalatori o trafugatori di sistemi, di metodi speciali, di formule segrete e di brevetti preziosi, dato che gli operai possono domani abbandonare l\u2019azienda od officina per recarsi in un\u2019altra. 2) Le maestranze sarebbero sempre pi\u00f9 o meno malcontente degli operai che le rappresenterebbero nel consiglio di d\u2019amministrazione. In realt\u00e0 mi disse Notari, \u00abnegli industriali si manifesta una irriducibile repugnanza ad avere al fianco l\u2019operaio servitore o schiavo di ieri \u00bb. Vecchia concezione medievale del padrone capitalista chiuso coi suoi amici azionisti nel ricco ed elegante studio che guarda attraverso gli eleganti pizzi delle sue tendine il fiume nero degli operai che scorre nelle vaste arterie della sua immensa fabbrica fra il rosseggiare degli alti forni e le cataste di coke. Ma l\u2019ostilit\u00e0 \u2014 soggiungeva Notari \u2014 viene anche dagli operai, i quali non comprendono assolutamente l\u2019ascensione morale che l\u2019azionariato offre loro e sono d\u2019altra parte sobillati dai capi e agitatori contro l’azionariato stesso che tende a distruggere ogni loro ragione d\u2019essere, poich\u00e9 addormenta la lotta di classe \u00bb. Notari conveniva con me che in fondo si tratta di ostacoli di un valore molto relativo. F.T.MARINETTI. Gianni Ferracuti su Amazon Gianni Ferracuti, Compagno D’Annunzio, alal\u00e0! Italianit\u00e0 e socialismo dell’impresa di Fiume F. T. 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