{"id":1431,"date":"2021-07-13T09:37:20","date_gmt":"2021-07-13T09:37:20","guid":{"rendered":"https:\/\/interculturalita.it\/?p=1431"},"modified":"2024-01-27T12:55:37","modified_gmt":"2024-01-27T12:55:37","slug":"vie-del-sapere-tra-oriente-e-occidente","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/interculturalita.it\/vie-del-sapere-tra-oriente-e-occidente\/","title":{"rendered":"Vie del sapere tra Oriente e Occidente"},"content":{"rendered":"

Gianni Ferracuti: <\/a><\/h4>\n

Vie del sapere tra Oriente e Occidente: il tao, il logos, lo zen – ebook kindle<\/a><\/h4>\n

Contenuto:<\/p>\n

Il tao ovvero l’arkh\u00e9
\n– Il tao del logos
\n– In prtincipio
\n– L’illusione della cavallinit\u00e0
\n– Percorsi costruttivi antagonisti
\n– Untitled (ma con rispetto)
\n– Zen della gamba rotta<\/i><\/p>\n

L’apparente forza logica dell’idea secondo cui l’essere \u00e8, e non pu\u00f2 non essere<\/i>\u00a0(questa \u00e8 la sostanza del discorso, anche se la formula usata da Parmenide \u00e8 un po’ pi\u00f9 complessa), cade osservando che il termine che traduciamo con\u00a0essere<\/i>,\u00a0to on<\/i>, viene usato nel significato linguistico che gli appartiene secondo la grammatica greca, ma\u00a0dopo che lo si \u00e8 tolto dalle condizioni che lo rendono significante nella lingua reale<\/i>. Nella lingua reale diciamo che una cosa \u201c\u00e8”, in quanto abbiamo visto le sue caratteristiche, il suo aspetto, e dunque ci appare…\u00a0essere un asino, una capra, una botte, una persona<\/i>. Insomma usiamo il verbo essere in costante riferimento a un soggetto, un luogo, un tempo:\u00a0a qualcosa di determinato.<\/i>
\nProprio perch\u00e9 ci sono queste determinazioni il verbo\u00a0essere<\/i>\u00a0ha un significato comprensibile. Siccome davanti a me \u201cc’\u00e8\u201d<\/i>\u00a0un oggetto che possiede le determinazioni e le caratteristiche della capra, si capisce che cosa dico quando uso la frase:\u00a0questa \u201c\u00e8” la capra.\u00a0<\/i>Ma se non c’\u00e8 la capra, non posso usare il verbo\u00a0essere.<\/i>\u00a0Se qualcuno mi dice che\u00a0c’\u00e8<\/i>\u00a0qualcosa che non ha alcuna determinazione, ma che possiamo chiamare\u00a0essere<\/i>, allora deve presentarmi questa cosa, perch\u00e9 io non l’ho mai vista e non credo che esista. Di qualcosa che al tempo stesso\u00a0sia<\/i>, ma non\u00a0abbia<\/i>\u00a0determinazioni, non abbiamo alcuna esperienza. \u00c8 vero che\u00a0c’\u00e8<\/i>\u00a0l’albero e\u00a0c’\u00e8<\/i>\u00a0la capra, ma \u00e8 ipotetico che l’essere-albero<\/i>\u00a0e l’essere-capra<\/i>\u00a0implichino un\u00a0essere-n\u00e9-albero-n\u00e9-capra, e tuttavia continuando a essere con effettivit\u00e0 di realt\u00e0<\/i>: non c’\u00e8 esperienza di questo. Astrarre un\u00a0essere comune<\/i>\u00a0dalle frasi (effettivamente significanti): \u201cquesta \u00e8 la capra”, \u201cquesta \u00e8 la brocca”, equivale ad\u00a0astrarre la parola che hanno in comune (\u201c\u00e8”), pretendendo che possa conservare il suo significato<\/i>. Come dimostrazione vale quanto astrarre dalle due frasi l’articolo \u201cla” e pretendere che sia la radice dell’intero universo.
\nLao-tze, il maestro a cui viene attribuito il\u00a0Tao-t\u00ea-ching<\/i>, non c’era cascato. Se qualcosa ha un nome e\/o una forma, vuol dire che si colloca all’interno del processo della generazione, o divenire: \u00e8 nato da qualcos’altro. Se si cerca l’origine dell’intero processo del divenire mondano, cio\u00e8 del complesso delle cose che hanno nome e forma, bisogna vederla non in qualcosa che \u00e8 gi\u00e0 differenziato e individuato (=\u00e8 uno degli esseri), ma in un principio formatore e, pertanto, pre-formale, al quale non possiamo applicare alcun nome di quelli che usiamo per distinguere e denominare gli esseri mondani. Per quanto pesi a Parmenide, ci\u00f2 che \u201c\u00e8” pu\u00f2 derivare solo dal\u00a0non essere<\/i>.<\/p>\n

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Pagina dell’autore<\/a><\/p>\n