{"id":1422,"date":"2021-06-02T18:03:43","date_gmt":"2021-06-02T18:03:43","guid":{"rendered":"https:\/\/interculturalita.it\/?p=1422"},"modified":"2024-01-27T13:00:07","modified_gmt":"2024-01-27T13:00:07","slug":"don-chisciotte-e-lislam-il-gran-mondo-del-teatro-e-alcune-eccellenti-ragioni-per-cui-al-saggio-governante-conviene-eliminare-i-comici","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/interculturalita.it\/don-chisciotte-e-lislam-il-gran-mondo-del-teatro-e-alcune-eccellenti-ragioni-per-cui-al-saggio-governante-conviene-eliminare-i-comici\/","title":{"rendered":"Don Chisciotte e l’islam (Il gran mondo del teatro e alcune eccellenti ragioni per cui al saggio governante conviene eliminare i comici…)"},"content":{"rendered":"

Qui comincia l’avventura…
\no Sarajevo blues<\/h3>\n

Per il cavaliere dei romanzi, quello che – secondo gli uomini di sano buon senso – non esiste nella storia, la guerra \u00e8 un dato di fatto: la combatte, ma non rappresenta l’istanza superiore. Al di sopra della guerra, come la intendono gli eserciti, ci sono le virt\u00f9 cavalleresche, che non sono solo virt\u00f9 militari. Nella guerra il cavaliere non cerca la ricchezza, n\u00e9 il potere: cerca la gloria. Battere un uomo debole non \u00e8 impresa di valore, non procura gloria n\u00e9 fama, anche se potrebbe portare un discreto bottino. Piuttosto se si vuole mostrare al mondo il proprio coraggio e la qualit\u00e0 della propria sostanza umana, \u00e8 pi\u00f9 proficuo mettersi davanti a un ponte e imporre al viandante che lodi la propria dama, alla cieca: se lo fa, vuol dire che nel suo cuore non albergano valori cavallereschi, e non vale la pena di battersi con lui. Se non lo fa, vuol dire che ha fegato, che accetta di spezzare una lancia in duello a rischio di rimetterci qualche osso, e dunque ha un coraggio con cui ci si pu\u00f2 misurare.<\/p>\n

Con ci\u00f2 si produce un’altra possibilit\u00e0: un tizio sconosciuto, che mai avrebbe pensato di recarsi proprio presso quel ponte insignificante e anonimo, viene a sapere della sfida e sconvolge tutti i piani della sua esistenza per andare proprio l\u00ec, su un ponte che non porta a nulla, sopra un fiumiciattolo ignaro e fangoso, solo per poter dire in faccia a un illustre ignoto che non ha alcuna intenzione di lodare la sua dama, neanche se fosse la regina di Cappadocia. Potr\u00e0 stupire la stranezza, ma la cosa \u00e8 storica, \u00e8 avvenuta pi\u00f9 volte, ed \u00e8 una sindrome che ha un nome ben preciso: avventura.[1]<\/strong><\/a><\/p>\n

Circa quattro secoli fa, un oscuro idalgo di paese, di cui le cronache parlano poco e confusamente, al punto che abbiamo faticato molto per conoscerne il nome, decide di lasciarsi alle spalle una vita non lussuosa, ma tranquilla e, nonostante la non giovanile et\u00e0 di cinquant’anni, esce di casa silenziosamente nella notte e va in cerca di avventure. Rinuncia alla sua identit\u00e0, al suo ruolo sociale, peraltro ormai vago e prossimo all’insignificanza, e assume il nome di battaglia di Don Chisciotto della Mancia. Cattivi traduttori hanno diffuso il suo nome nella forma Chisciotte<\/em>, che ormai \u00e8 talmente generalizzata nell’uso che non vale la pena di provare a cambiarla. Habent sua fata libelli<\/em>, comment\u00f2 il retore citando il poeta latino (c’\u00e8 sempre un poeta latino per ogni occasione).<\/p>\n

Il nostro eroe si prepara per giorni segretamente, consapevole dell’impossibilit\u00e0 che le ristrette menti dei suoi familiari possano comprendere la nobilt\u00e0 e la grandezza del suo disegno, e infine si chiude delicatamente la porta dietro le spalle, conduce piano il suo destriero a debita distanza da casa, per non farsi sentire, quindi gli sale in groppa e si allontana.<\/p>\n

La storia \u00e8 raccontata da una cronaca scritta in arabo da un tale Cide Hamete Benengeli, di cui ci \u00e8 pervenuta solo una redazione in castigliano, elaborata a partire da una traduzione intermedia fatta da un anonimo traduttore in cambio di pochi spiccioli. Noi, che utilizziamo alcune fonti inedite, fortunosamente giunte in nostro possesso, possiamo garantire che, prima di allontanarsi con una galoppata propiziatoria, il nostro don Chisciotte ha fatto una piccola deviazione per dare un ultimo sguardo al Toboso, terra della sua amata signora Dulcinea, alla quale avrebbe poi mandato, per renderle omaggio, tutti gli avversari sconfitti a singolar tenzone.<\/p>\n

In quel tempo il Toboso doveva avere un aspetto diverso dall’attuale. Terra ad alta densit\u00e0 moresca,[2]<\/strong><\/a> sar\u00e0 stato decorato da qualche minareto ancora in piedi e dalle tombe di gente sepolta alla maniera dei musulmani: basse colonne che spuntano da terra non nei cimiteri, ma nei giardini delle moschee, o dove capita, senza un ordine particolare. Per vedere qualcosa di simile bisogna andare oggi a Sarajevo, arrivarci magari all’imbrunire di una giornata uggiosa, camminare per strade che non sembrano diverse da quelle abituali dei nostri paesi, a parte qualche rudere lasciato dalla guerra e rimasto in piedi per caso, e sorprendersi ascoltando improvvisamente la lenta litania di una preghiera araba che giunge da una moschea nascosta dietro l’angolo. Alcune donne col chador<\/em> escono per la preghiera della sera e, andando verso il centro, si fiancheggia un giardino pubblico in cui, a gruppi di quattro o cinque, si vedono spuntare da terra queste strane, basse colonne di marmo bianco. Si trovano dovunque, intorno a ogni moschea e, salendo verso la parte collinare della citt\u00e0, decorano ogni metro quadrato di verde, a volte con una densit\u00e0 impressionante, che gela il sangue: sotto ogni colonna c’\u00e8 una vita, generalmente giovane, spezzata da un cecchino durante l’assedio della citt\u00e0 – si sparava ai musulmani perch\u00e9 erano musulmani. A centinaia di chilometri di distanza, si sparava su ogni casa di Dubrovnik, perch\u00e9 era bella, antica, e significante: due assedi, due atti di una stessa follia, e non si d\u00e0 l’uno senza l’altro. Se si vuole ammazzare un tizio perch\u00e9 ha una fede, una credenza, una cultura, bisogna eliminare lui, la sua casa, la sua storia, la sua famiglia, il suo giardino, la sua memoria, i suoi animali, i suoi simboli, le sue biblioteche, la sua musica e persino le sue nevrosi…<\/p>\n

Le piccole tombe islamiche del Toboso non erano recenti, anche se costituivano un’immagine abituale. Dopo la caduta del regno di Granada (1492) – quasi ridotto a un museo, a un fossile politico, impossibilitato a essere a una forza preoccupante, eppur capace di resistere una decina d\u2019anni all\u2019esercito castigliano – gli spagnoli cristiani si rimangiano presto la promessa di consentire la libera pratica della religione islamica a quei cittadini islamici di Spagna, che erano loro concittadini; tentano una maldestra opera di evangelizzazione, servendosi peraltro di un clero non all’altezza e non credibile, e infine iniziano a prendere misure di pulizia etnica, sradicando per legge ogni usanza legata ai costumi islamici. Erano terre da ripulire – alimpiar<\/em>, potremmo dire usando un verbo gi\u00e0 sentito dalla bocca della regina Isabel e rivolto alla necessit\u00e0 di ripulire il territorio dalla presenza dei suoi concittadini spagnoli di religione ebraica: a quell\u2019epoca era divenuta fondamentale la limpieza de sangre<\/em>, la pulizia del sangue… e siccome il sangue, nella societ\u00e0 in cui si \u00e8 nobili per diritto ereditario, \u00e8 ci\u00f2 che trasmette i valori e le virt\u00f9 della famiglia e della stirpe, o ethnos,<\/em> non \u00e8 sbagliato tradurre limpieza de sangre<\/em> con pulizia etnica<\/em>.[3]<\/strong><\/a><\/p>\n

Rivolgendo un ultimo saluto alla sua Dulcinea, don Chisciotte si muove senza alcun imbarazzo tra le piccole colonne sparse nel paesaggio. Dulcinea del Toboso \u00e8 una nobile e bellissima dama, il cui rango \u00e8 almeno principessa, perch\u00e9 tale \u00e8 il livello ideale a cui la cortese arte cavalleresca di don Chisciotte ha innalzato la robusta contadinotta Aldonza Lorenzo… ahim\u00e8, senza preoccuparsi minimamente del suo lignaggio e del suo sangue. Queste cose non hanno alcuna importanza nel mondo dell’avventura – pensa saggiamente il nostro cavaliere. Si sbaglia.<\/p>\n

[Introduzione a Gianni Ferracuti: Don Chisciotte e l’islam (Il gran mondo del teatro e alcune eccellenti ragioni per cui al saggio governante conviene eliminare i comici..<\/a>.), disponibile online in ebook e cartaceo su Amazon.it<\/a><\/h3>\n

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[1]<\/strong><\/a> Suero de Qui\u00f1ones (c. 1409-1456), nobile leonese di famiglia altolocata, nel 1434 su un ponte sul fiume \u00d3rbigo, lungo il Camino de Santiago<\/em>, sfid\u00f2 a tenzone tutti i cavalieri che volessero attraversarlo. Nell\u2019arco di un mese vinse dozzine di sfide senza mai perdere, finch\u00e9 non fu obbligato dalle autorit\u00e0 (in particolare da \u00c1lvaro de Luna) ad abbandonare il passo. La sua storia \u00e8 raccontata nel Libro del paso honroso defendido por el excelente caballero Suero de Qui\u00f1ones<\/em> di Pero Rodr\u00edguez de Lena (Pero Rodr\u00edguez de Lena, El passo honroso de Suero de Qui\u00f1ones<\/em>, ed. Amancio Labandeira Fern\u00e1ndez, Fundaci\u00f3n Universitaria Espa\u00f1ola, Madrid, 1977). Suero \u00e8 citato nel Don Quijote<\/em>, I, 49 (Tutte le citazioni del Don Chisciotte<\/em> sono tratte dall’edizione curata da Mart\u00edn de Riquer: Miguel de Cervantes Saavedra, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha,<\/em> Planeta, Barcelona 1975, indicata con l\u2019abbreviazione DQ, seguita dal numero romano indicante la parte Prima o Seconda e dalla cifra araba indicante il capitolo. Le traduzioni dei testi citati sono mie, salvo indicazione contraria). Nel capitolo citato, discutendo con un canonico di Toledo, Don Chisciotte dichiara che le avventure cavalleresche sono vere appunto come le sfide di Suero. Commenta Francisco Rico: \u00abSuero de Qui<\/em>\u00f1<\/em>ones, discreto poeta, non os\u00f2 scrivere le sue prodezze: si accontent\u00f2 di viverle avendo ben cura che un notaio le registrasse con ogni dettaglio<\/em>; e infatti il registro, riassunto venne stampato negli stessi giorni in cui si svolge l\u2019azione dell\u2019<\/em>Ingegnoso hidalgo […]. Non \u00e8 facile dire se Suero difese il Passo per il gusto di contenderlo o per diventare protagonista di un racconto. Le due cose vanno di pari passo. Comunque sia, di don Chisciotte ci risulta che, prima di intraprendere la sua prima uscita, aveva pensato di concludere un libro di cavalleria, l\u2019incompiuto <\/em>Belian\u00eds de Grecia, e soprattutto che proprio all\u2019inizio delle sue peripezie ci\u00f2 che vedeva con maggior chiarezza nella sua immaginazione era la cronaca che \u201cnei tempi futuri\u201d un \u201csapiente\u201d avrebbe dedicato alla \u201cvera storia delle mie famose azioni\u201d [DQ I, 2]. Come tanti cavalieri precedenti, e successivi, don Chisciotte esce da certi libri mosso dal desiderio di diventare eroe di altri\u00bb <\/em>(Miguel de Cervantes, Don Quijote de la Mancha<\/em>, ed. Francisco Rico, Alfaguara, Madrid 2013, ebook; edizione cartacea: 2015).<\/p>\n

[2]<\/strong><\/a> Antonio Dom\u00ednguez Ortiz, Bernard Vincent, Historia de los moriscos: vida y tragedia de una minor\u00eda<\/em>, Alianza, Madrid 1993; Francisco Javier Moreno D\u00edaz, Los moriscos de la Mancha: sociedad, econom<\/em>\u00ed<\/em>a y modos de vida de una minor<\/em>\u00ed<\/em>a en la Castilla moderna<\/em>, CSIC, Madrid 2009. William Byron, Cervantes, a Biography<\/em>, Cassell, London 1979, p. 472, stima che con l\u2019espulsione dei moriscos<\/em> il Toboso avrebbe perso circa un terzo dei suoi abitanti.<\/p>\n

[3]<\/strong><\/a> Nel XV secolo si generalizza l\u2019idea del carattere ereditario della nobilt\u00e0. \u00abIl problema era […] la scelta tra ereditare la nobilt\u00e0 – l\u2019acquisizione passiva dello status nobiliare – o, al contrario, la capacit\u00e0 di acquisire la nobilt\u00e0 – di ottenere tale status per meriti propri. […] L\u2019importanza del sangue come elemento dell\u2019acquisizione e della trasmissione della condizione nobiliare era indiscutibile. In questo contesto venne affermato il valore dell\u2019ereditariet\u00e0 in s\u00e9, istituendo la particolare struttura familiare nobiliare come cornice in cui erano depositati tutti i valori, generazione dopo generazione. Secondo questa ottica, era il lignaggio, non l\u2019individuo, il garante dell\u2019essenza nobiliare\u00bb<\/em> [Mar\u00eda Concepci\u00f3n Quintanilla Raso, \u00abNobilitas virtutis causa<\/em>: de la virtud al pecado en la nobleza\u00bb, in Ana Isabel Carrasco Manchado, Mar\u00eda del Pilar R\u00e1bade Obrad\u00f3 (eds.), Pecar en la Edad Media<\/em>, S\u00edlex, Madrid 2008, pp. 145-81, p. 156]. Singolarmente, l\u2019idea che il lignaggio garantisca l\u2019essenza nobiliare si ritrova sia in chi fonda il valore della nobilt\u00e0 sull\u2019eredit\u00e0, sia in chi la fonda sulle virt\u00f9 personali: in questo secondo caso, infatti, l\u2019emergere di qualit\u00e0 nobiliari nell\u2019individuo \u00e8 visto come il venire alla luce del valore gi\u00e0 presente nella propria stirpe. Nella seconda parte del Don Chisciotte<\/em>, il Cavaliere afferma l\u2019esistenza di un tipo di lignaggio<\/em> che ha avuto origini oscure e poi \u00e8 cresciuto in grandezza e onori, alludendo appunto a un lignaggio, una stirpe, e non un passaggio personale dalla condizione plebea a quella nobiliare: dice infatti, nello stesso luogo, \u00abdel lignaggio plebeo posso dire soltanto che serve solo ad aumentare il numero di coloro che vivono, senza merito di ulteriore fama o elogio<\/em>\u00bb (DQ, II, 6). In vari passi Don Chisciotte ipotizza che un sapiente possa scoprire l\u2019origine regale della sua stirpe, della quale al momento lui non \u00e8 a conoscenza, ma che pu\u00f2 essere ipotizzata proprio grazie al valore delle imprese che sta compiendo (ad esempio DQ, 1, 21: \u00abPotr\u00e0 essere che il sapiente che scriver\u00e0 la mia storia potr\u00e0 puntualizzare in tal modo la mia parentela o discendenza da scoprirmi quinto o sesto nipote di re\u00bb<\/em>).<\/p>\n